L’intervista al Pais. «È stata la mano di Dio? In questo caso gli spettatori importanti erano due: io e Maradona»

Per È stata la mano di Dio c’è stato un coinvolgimento raro. E un giudizio positivo quasi unanime. A Paolo Sorrentino interessa solo relativamente. «Do importanza solo a me come spettatore. Sono l’unico spettatore dei miei film che conta. Non m’importa nulla di quello che dicono gli altri».
Il regista napoletano l’ha detto in una lunga video intervista a El Pais. Aggiungendo che – ma solo per questo film – c’era un altro spettatore importante: Maradona. A lui, lo confessa, avrebbe voluto farlo vedere. Di quegli anni e di certi momenti È stata la mano di Dio fa sentire addirittura l’odore. «Quando arrivò Maradona? Io ero ragazzo e furono giorni di grande eccitazione, di tensione. Una tensione divertente. Si attendeva questo miracolo, si percepiva. E il miracolo accadde».
Napoli, negli anni 80′, era un tripudio di cose. Anche diverse. «Una città affascinante – dice Sorrentino – ma anche faticosa. Dopo trentasette anni ero contento di andar via. Da quando sono andato a vivere a Roma ci sono tornato poche volte, e spesso sono tornato per eventi tristi, tipo i funerali. Adesso, dopo quindici anni che sto a Roma, m’è venuta molta voglia di trascorrere del tempo a Napoli».
Un altro film su Napoli è nei suoi programmi. Magari, anche un film sulla mafia americana. Basta film sulla politica, però.
Ne ho fatti due, di film, sulla politica, mi sembra pure troppo. E poi la politica è diventata molto meno interessante. O meglio: la politica di oggi produce personaggi meno interessanti del passato. La politica è cambiata. Per me è stata interessante, più che emozionante, quando c’era la Guerra Fredda, perché l’Italia era un Paese chiave. La politica era piena di misteri e per il lavoro che faccio io era più interessante.
E la religione?
Mi interessa molto il sistema di cultura e di valori che la religione è in grado di produrre. Quella cattolica, soprattutto, che è stata protagonista del mondo dell’arte. La religione a cui appartengo ha tanti demeriti ma anche i meriti di aver prodotto un sistema culturale molto solido. Se parlo con Dio? Nel mio caso, i miei genitori hanno sostituito Dio, visto che non c’erano più. Ho dialogato più con loro che con Dio.
I genitori, la cui tragica scomparsa è raccontata dall’ultima pellicola di Sorrentino. E sì, è stata dura. Ma nel film non c’è tutto il dolore. Il dolore è stato più grande di quanto ha raccontato. E poi, il dolore non basta. «Essere assillati dai dolori è un buon punto di partenza per cominciare a scrivere. Poi ci vuole dell’altro: un po’ di fortuna, un po’ di talento, un po’ di cose». Stavolta, e forse paradossalmente, l’umorismo – dice – gli è venuto meglio. «A me piace ridere e non rido molto. Quindi la molla è trovare qualcosa che mi faccia ridere. Non rido perché c’è poca gente divertente».