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Tom Stoltman, l’uomo più forte al mondo: «L’autismo è un superpotere, ti rende un’atleta migliore»

Sul Messaggero. «È come avere un disturbo ossessivo compulsivo, hai una routine e continui a ripeterla: mangi, dormi, ti alleni. Ogni giorno»

Tom Stoltman, l’uomo più forte al mondo: «L’autismo è un superpotere, ti rende un’atleta migliore»

L’autismo? Per Tom Stoltman, l’uomo più forte al mondo, è un superpotere. E dunque come tale andrebbe trattato. Lo scrive l’edizione odierna del Messaggero.

«Dico sempre ai giovani e ai loro genitori: siamo diversi, ma abbiamo un vantaggio sulle persone che non lo sono. Abbiamo un superpotere, loro no».

Per Stoltman, 27enne scozzese, è stato proprio l’autismo ad aiutarlo nella vittoria della competizione che si è tenuta a Sacramento lo scorso giugno.

«Credo ti renda un atleta migliore – ha spiegato alla Bbc – perché è come avere un disturbo ossessivo compulsivo, hai una routine e continui a ripeterla: mangi, dormi, ti alleni. Ogni giorno».

E lo stesso avviene in palestra, dove ripeti continuamente gli esercizi.

La vita di Stoltman, da quando ha cominciato a partecipare alle competizioni di Strongman, è profondamente cambiata:

«Mi alzo, mangio lo stesso cibo ogni giorno, compio le stesse azioni ogni giorno e vado in palestra alla stessa ora», ha raccontato alla Cnn.

Come gestire gli imprevisti?

«Ci penso per ventiquattr’ore, o magari non parlo con mia moglie. Passo momenti molto brutti. Ci sono lati positivi e negativi, sto ancora facendo un po’ fatica a gestire quelli più pesanti».

Con lo sport Stoltman è diventato più forte. Superando le difficoltà della sua infanzia e della sua adolescenza. Il sostegno, a scuola, e tante difficoltà anche d’apprendimento. All’età di 18 anni Tom ha partecipato alla sua prima gara, Scotland’s Strongest Man, e si è qualificato quinto. Oggi, dopo anni di durissimo allenamento,  Tom assume 10 mila calorie al giorno ed è in grado di sollevare 450 chili di peso.

In un’intervista a The National ha parlato del suo autismo:

«Volevo far sapere alle persone che non sono timido, non sono strano. A volte faccio fatica, impiego molto più tempo degli altri a elaborare le informazioni e spesso le cose nuove mi innervosiscono»

La diagnosi a cinque anni, poi la scelta di dirlo agli amici più stretti togliendosi un grande peso. Tra un allenamento e l’altro, Tom ha riservato un pensiero alla madre Sheila, morta nel 2016 per un tumore. Le aveva promesso, Tom, di dedicarle vittorie e successi.

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