ilNapolista

È scoppiata la bolla Atalanta vittima del modello equo e sostenibile

Non vince da un mese, l’ambiente è vittima della mistica della “favola”. Tra polemiche arbitrali e mercato, sta regredendo a provinciale

È scoppiata la bolla Atalanta vittima del modello equo e sostenibile
Db Milano 19/02/2020 - Champions League / Atalanta-Valencia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giampiero Gasperini

L’Atalanta è nella fase “Gasperini da solo non basta”. Non sappiamo a quale fase dell’elaborazione del lutto corrisponda, forse tutte – negazione, rabbia, contrattazione, depressione – tranne l’ultima: l’accettazione. Non è ancora tempo, per quella. Basta osservare come si divincola in panchina Gasperini stesso, combattuto tra la febbre da competizione, la polemica arbitrale, il vittimismo per gli infortuni, e infine la sconfitta. Reiterata, implacabile. Che è un inedito a Bergamo, negli ultimi anni.

L’Atalanta è riuscita a rianimare il Cagliari di Mazzarri – sembra il soggetto di Christian la serie di Sky su uno che fa i miracoli a sua insaputa – e poi a farsi buttare fuori dalla Coppa Italia dalla Fiorentina senza Vlahovic, al 94′, con tanto di appendice Var. Per ritrovarselo contro, Vlahovic, domenica sera, quando la Juve stabilirà (o no) l’ora del decesso della “favola”.

Quelle bestie da calcio-spettacolo non vincono un partita dal 12 gennaio (ottavi di Coppa Italia, contro il Venezia), hanno segnato appena 3 gol nelle ultime 4 partite. In campionato l’ultima l’ha vinta contro l’Udinese in quarantena Covid 6-2, poi 0-0 con l’Inter, 0-0 con la Lazio e l’onta della sconfitta in casa col Cagliari.

S’è ammosciato come un soufflé anche il finto understatement con cui Gasperini gigioneggiava in tv quando tutto girava a meraviglia. Or che il gol al 94′ di Milenkovic brucia come il sale su una ferita evidentemente aperta, va al microfono il dg Marino, a dettare il triste paravento che adesso usa nel calcio quando ti neghi nella sconfitta: “Se parla lo squalificano”.

È che Gasperini sta facendo i conti con la piega adulta della sua carriera: quando ti arrendi alle tue lacune. Un’ammissione inconsapevole di colpa tradotta in campo dalla confusione di formazioni platealmente alla ricerca d’un qualcosa-ma-non-si-sa-cosa. Con Zapata fuori fino al termine della stagione – proprio lui che aveva tirato la carretta per metà campionato – con Muriel in versione posticcia da gestire, Ilicic depresso e militesente, con la Fiorentina ha finito per inventarsi Pasalic centravanti. È solo un esempio. Col Cagliari, sotto d’un uomo e di un gol, aveva tolto Muriel e Pasalic tentando la sorte con il ritorno dall’infortunio di Zapata: 12 minuti in campo e il crac. Cose così, tentativi a geometria variabile.

È che l’Atalanta s’era abituata a coccolarsi nella finzione. Assuefatta ad una fantasia: che tutto andasse bene, sempre meglio, ad oltranza. Con i Percassi assorbiti dal sistema Lega (il figlio, Luca, è stato fresco eletto vicepresidente all’unanimità), e l’Europa in adorazione costante. E quella storia del mercato equo e sostenibile che è diventato modello aziendale di virtù in un mondo che la rifugge per imperativo categorico, la virtù.

Se Gasperini interroga lo specchio come Grimilde in Biancaneve – e lo specchio risponde con una rotellina che gira, tipo Dazn – stessa sofferta passione vive Giovanni Sartori. Il ds del “miracolo”. Il cambio Romero-Demiral è stato un affare solo economico. Maehle vale – a spanne – la gamba destra di quel Gosens venduto in fretta e furia all’Inter, come una provinciale qualunque. Ora è arrivato Boga dal Sassuolo che ha segnato alla Fiorentina e magari esploderà definitivamente. Intanto però il bilancio è per la prima volta sconfortante. E il disagio ambientale è ormai quasi tattile.

L’Atalanta è trafitta – per la prima volta – dal decadimento strutturale della sua stessa mistica. Nella paura che sia scoppiata la bolla, s’è contratta. Magari è solo una cunetta presa male, magari rintraccerà la via in un manuale di autoaiuto e smentirà questo come altri pezzi sulla “crisi”. Ma il primo ostacolo da superare è proprio la pretesa di bastare a se stessi. Quello per Gasperini, in fondo, è un feticismo come un altro.

ilnapolista © riproduzione riservata