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Il film dimenticato del Libero De Rienzo regista, un film di chi sa che la morte esiste

“Sangue – La morte non esiste”: un esempio di cinema da ultimo desiderio, di chi vuole mettere in scena tutto e subito senza guardare al domani

Il film dimenticato del Libero De Rienzo regista, un film di chi sa che la morte esiste
Db Milano 30/01/2017 - photocall film ' Smetto quando voglio Masterclass' / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Libero De Rienzo

Fulminato da un esordio irripetibile in tutta la sua imperfezione. Ricordo di un seminario di critica cinematografica a Milano organizzato della rivista Duellanti nella primavera del 2006.

Il padre non troppo padrone dell’iniziativa Gianni Canova aveva messo in piedi un esercizio tanto stimolante quanto assurdo: avremmo dovuto scrivere una recensione dell’allora attesissimo Caimano prima ancora di aver visto la pellicola di Nanni Moretti. L’idea non era quella di elevare i (pre)giudizi che si possono nutrire per un film al rango di fuffa. L’obiettivo di fondo era invece quello di stimolare le capacità discorsive dei partecipanti chiedendogli di scrivere con gli occhi bendati e gettare così un po’ del proprio cuore oltre l’ostacolo. Come materiale di partenza avevamo ricevuto soltanto il trailer. A conti fatti nessuno si sarebbe aspettato un film su Berlusconi con così poco Berlusconi in “carne filmica”. Per vedere un film di sostanza sul Cavaliere “disarcionato” il pubblico avrebbe dovuto aspettare l’uscita in due parti di Loro (2018) diretto da Paolo Sorrentino.

A distanza di anni risulta evidente che il film di Moretti fosse piuttosto una pellicola di costume a caldo su una società confusa, polarizzata e divisa tra berlusconisti e antiberlusconisti. C’era anche Massimiliano Ferramondo, allora caporedattore dell’edizione italiana di Rolling Stone tra i docenti del workshop di piazza San Fedele. Ferramondo era uno di quelli che ce l’avevano fatta dopo una gavetta presso l’officina di Canova nella redazione di duel prima che diventasse duellanti.

Fu proprio lui a proporre la visione di un film a sorpresa e in anteprima: Sangue – La morte non esiste, opera prima di Libero de Rienzo. Duellanti non esiste più da un pezzo e anche De Rienzo se ne è andato a luglio scorso in circostanze ormai chiarite. Una costante accomunava tutti i coccodrilli e gli articoli più o meno speculativi sulla scomparsa dell’artista napoletano: De Rienzo, o semplicemente “Picchio” per i collaboratori più stretti, è e sarà ricordato dai più come attore per le sue interpretazioni in Fortapàsc (2009), e in misura minore, in Santa Maradona (2001).

Del suo unico lungometraggio non vi è neppure traccia nelle brevi incursioni da parte della stampa nella sua biografia quando si è trovata a scrivere della sua morte improvvisa.

Promosso in modo scherzoso a colpi di citofono dai suoi due protagonisti – l’artista visiva Emanuela Barilozzi e un giovanissimo e sfavillante Elio Germano – qualche mese prima dell’uscita in pochissime sale, Sangue – La morte non esiste è stato girato con meno di 500 mila euro. Soltanto la sua diffusione in dvd come allegato di Ciak l’anno successivo ha dato al film un pizzico di quella visibilità che avrebbe meritato.

La narrazione si articola in tre atti che raccontano del rapporto incestuoso tra i fratellastri Stella e Yuri, lei sul sul punto di partire oltreoceano per studiare danza, lui invece pronto a tarparle le ali pur di continuare ad averla accanto a sé. Il film fu criticato per un epilogo grottesco in una chiesa, fatto di dialoghi talmente anti-tutto da risultare ingessanti.

«Qualcuno ha detto che Picchio è come uno squalo, che quando sente l’odore del sangue si getta all’attacco: vedendo che le cose sul set funzionavano, e noi tutti gli andavamo dietro, si è buttato a capofitto e molte cose gli sono scappate di mano, perché appunto le ha volute prendere tutte in mano. Forse è un po’ troppo per un esordiente», aveva confessato allora in un’intervista la Barilozzi che sembra ormai aver abbandonato la recitazione. E questo “troppo” il quid del primo e solo lungometraggio di De Rienzo realizzato con pochi mezzi e «una linea del desiderio altissimo».

Germano aveva scelto di abbracciare il “troppo” inseguito da De Rienzo spendendosi senza riserve nei panni di un personaggio in fuga da tutto e da tutti e che «ama le zanzare forse solo perché tutti le odiano». Yuri trasuda in nuce il malessere del Leopardi che Germano andrà poi a interpretare in Il giovane favoloso (2014) di Mario Martone.

«Per le persone che non sanno cos’è Sangue, io ci tenevo a dire che questo film rappresenta un’idea di cinema forte, un’idea di arte vera, una modalità di stare al mondo», ha raccontato Germano in una proiezione romana presso il Cinema America per un omaggio postumo al collega.

Sangue – La morte non esiste sembra il film di un regista a cui il tempo ha dato una sola opportunità di girare. E cosi è stato. Si tratta di uno splendido esempio di cinema da ultimo desiderio, di chi vuole mettere in scena tutto e subito senza guardare al domani, di chi sa che la morte esiste. Chissà se De Rienzo non avesse ancora un altro “ultimo film” nel cassetto.

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