Il tecnico al Daily Mail: «Cristiano è il calciatore più devoto che abbia allenato. Il più talentuoso, potrebbe non esserlo. Il talento non è una delle prime virtù quando pensiamo a Ronaldo»

Il Daily Mail ha intervistato oggi Luiz Felipe Scolari che a 73 anni e a 40 anni dall’inizio della sua carriera di allenatore, non è ancora pronto per andare in pensione.
Scolari ha spiegato i problemi di comunicazione con i calciatori che lo hanno portato a decidere di lasciare il Chelsea
«Ho avuto qualche problema con uno o due giocatori. Didier Drogba si è infortunato e quando è tornato ho avuto un po’ di difficoltà a organizzare la squadra con lui e Nicolas Anelka. Ho cercato di parlare con i giocatori per fargli capire il loro posizionamento, ma non sono riuscito a farmi capire per fargli fare quello che mi serviva»
Su Sir Alex Ferguson
«Parlavamo molto quando ero l’allenatore del Portogallo, soprattutto per via di Cristiano Ronaldo. Chiamavo spesso Cristiano, quindi Ferguson mi parlava di come stava al Manchester United, del duro lavoro che stava facendo, e tutto il resto.
L’ho affrontato in Premier League quando sono andato al Chelsea. È molto bello in Inghilterra l’usanza che gli allenatori si incontrano e parlano dopo le partite. Non ci sono risse, c’è amicizia. È bellissimo»
Su Cristiano Ronaldo
«È una macchina da gol. È un ragazzo fantastico. L’ho visto allo Sporting nel 2003 con grande voglia e forza. Ha anche più desiderio oggi di quanto non ne avesse all’inizio della sua carriera. È una grande persona»
Scolari infatti non ritiene che Cr7 sia il calciatore più talentoso che ha allenato
«È il più devoto di tutti. Il più talentuoso, potrebbe non esserlo. Il talento non è una delle prime virtù quando pensiamo a Ronaldo, ma la dedizione è ciò che lo rende quello che è. È la prima virtù quando penso a lui»
Tra i suoi ricordi c’è quando dovette dirgli della morte di suo padre…
«È stato molto difficile. È stato il momento che ha creato un legame tra di noi, un legame che supera il rapporto allenatore-atleta. Quando ci è giunta la notizia, prima della partita contro la Russia, nessuno sapeva come dirglielo e nessuno voleva farlo. Così ho detto loro che l’avrei fatto perché sapevo com’era perdere un genitore. Il mio l’avevo perso qualche anno prima.
È stato molto triste, ma è il tipo di momento che ci unisce come amici. Il giorno successivo Cristiano ha giocato una partita meravigliosa ed è tornato in Portogallo. Ha chiesto di giocare. Ha detto: “Non posso fare niente per mio padre oggi, quindi giocherò domani e poi andrò»