Mentre ovunque trionfa la retorica della cerimonia d’apertura, i giornali tedeschi attaccano il Cio: “Queste Olimpiadi non si sarebbero dovute svolgere”
“In testa alla lista degli invitati c’è Vladimir Putin, ‘un vecchio amico’, come Xi Jinping, il capo di stato cinese e leader del partito, ha recentemente nobilitato di nuovo il suo omologo russo. E poi ci sono Kassym-Jomart Tokayev, il presidente del Kazakistan, che di recente ha fatto reprimere la rivolta nel suo Paese; capi di stato dal Kirghizistan all’Uzbekistan e dall’Egitto al Qatar; il principe Alberto II di Monaco, il granduca Enrico di Lussemburgo; dall’Europa, il presidente della Polonia Andrzej Duda, i colleghi della Serbia e della Bosnia-Erzegovina; ma anche António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, e Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”.
La Süddeutsche Zeitung descrive la tribuna Vip della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali di Pechino quasi come fosse una di quelle vecchie barzellette: “Ci sono un tedesco, un cinese eccetera”. In realtà proprio i tedeschi non ci saranno, come molti altri sono in boicotaggio diplomatico più o meno ufficiale. Ma è indicativo che nel giorno in cui si aprono ufficialmente i Giochi cinesi, la stampa in Germania si premuri di segnare un confine morale: va bene lo sport, la cronaca degli eventi, ma cari lettori sappiate che queste Olimpiadi fanno politicamente un po’ schifo.
Il pezzo d’apertura della SZ si intitola appunto “Una vergogna speciale”, giusto per toccarla pianissimo. E il secondo articolo, a contorno, sfotto ironicamente Bach, il presidente del Cio: “E’ bellissimo essere presidente del Cio”. Dentro lo accusano di danzare sulle uova, di “armeggiare” col governo cinese e – riassumendo moltissimo – di fregarsene dei diritti umani. “Il Cio si è sempre schierato con gli autocrati, ma i Giochi invernali di Pechino mostrano drasticamente quanto lo sport si sia allontanato dai suoi valori”.
“Lo sport tiene le borse aperte e allo stesso tempo si benda gli occhi per ignorare le atrocità nel Paese: torture e morte degli uiguri, internati nei campi a centinaia di migliaia, repressioni a Hong Kong e in Tibet. Questa è una rottura con molte cose, anche per una cricca che ha sempre avuto simpatia per autocrati e dittatori. È difficile da accettare”.
“Il mondo dei cinque anelli non è mai stato un paradiso di democrazia e trasparenza, ma il recente cambio di millennio ha aperto la strada a un Olimpismo che alla fine è sproporzionato”. “I Giochi sono diventati il tipo di evento che l’apparato cinese sognava: con una sorveglianza continua, un controllo costante. Il mondo sta diventando un po’ più chiuso in questi giorni, un po’ più cinese – non il contrario, come si sognava anni fa”.
Lo Spiegel si prende la briga di pubblicare addirittura un pezzo-disclaimer, per spiegare ai suoi lettori il motivo per cui seguirà gli eventi, e riporterà la cronaca delle gare. Si giustifica, ammettendo che questi “saranno uno degli eventi più complicati e discutibili della storia dello sport”: “È una situazione in cui le Olimpiadi non avrebbero dovuto esserci. Non in questo paese, non in questo momento”. “Dì quello che è, era il motto del fondatore dello Spiegel Rudolf Augstein . Con questa massima riferiremo sui Giochi invernali delle prossime due settimane: sulle circostanze della tragedia di Pechino, sulla vita in bolla, ma ovviamente anche sui risultati sportivi”.
E’ un modo di fare giornalismo sportivo che da queste parti è abbastanza sconosciuto. Le Olimpiadi – soprattutto queste – non sono solo atleti che gareggiano, medaglie, storie meravigliose e consueta retorica annessa. Sono anche politica, denuncia, fatti sgradevoli di cui il lettore tedesco deve venire a conoscenza. Anche chi sfoglia il giornale curioso di sapere chi ha vinto cosa. Il racconto dello sport, fatto bene. Senza socchiudere gli occhi.