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Sneijder: «Affrontavo ogni partita come se fosse l’ultima. Mi liberava dalla pressione»

Alla Gazzetta dello Sport: «Inzaghi è un predestinato, pare essere nato per fare il tecnico. La sua più grande dote è l’umiltà»

Sneijder: «Affrontavo ogni partita come se fosse l’ultima. Mi liberava dalla pressione»

La Gazzetta dello Sport intervista Wesley Sneijder. Nella sua carriera ci sono l’Ajax, il Real Madrid e l’Inter del Triplete, dove è rimasto fino al 2013. Paragona l’Inter di oggi a quella di allora.

«La squadra del 2010 aveva un gruppo pazzesco. Non mi è mai più capitato in carriera, un’unità d’intenti irripetibile. Ma per il resto, vedo molte similitudini, il parallelo funziona: i grandi giocatori, la sicurezza mentale dovuta a uno scudetto già vinto, l’entusiasmo. È una squadra bella da vedere, questa qui».

Racconta qual era il suo segreto da calciatore.

«Io usavo questo trucco, mentalmente approcciavo sempre nella stessa maniera, convincendomi che potesse essere l’ultima occasione, l’ultima gara in Europa della stagione. Questa cosa in un certo senso mi liberava dalla pressione. E mi spingeva a dare il massimo. Se potessi, consiglierei la stessa cosa ai giocatori di oggi. Serve andare a mille all’ora, tenendo acceso il cervello. Solo così puoi sperare di farcela».

Su Inzaghi, che ha conosciuto come avversario, da giocatore.

«Inzaghi mi piaceva da calciatore. Ma come allenatore lo apprezzo molto di più. Un predestinato, non è arrivato all’Inter in un momento semplice, aveva tutto da perdere dopo lo scudetto dello scorso anno. E invece tutto gli riesce facile. Credo che la sua più grande dote sia l’umiltà: lo si capisce dal modo in cui è stato percepito dal gruppo dopo Conte. Pare esser nato per fare il tecnico. Farà grandissime cose con l’Inter, ne sono certo».

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