A Repubblica: «Un maestro mi chiamava Tarzan perché mi muovo sul campo come in una giungla. Ho imparato a mangiare per curare il fisico»

La Repubblica intervista Carlos Alcaraz. Ha iniziato a giocare a tennis da piccolo, grazie al padre tennista. Parla dei suoi inizi.
«Carlos Santos Bosque, uno dei miei primi maestri, mi chiamava Tarzan. Secondo lui mi muovevo in campo come fossi in una giungla».
Racconta i cambiamenti nel fisico, grazie al suo staff.
«Non avevo un corpo molto muscoloso. Poi ero anche un disastro nel mangiare, e così il mio staff ha — come dire — preso di petto la situazione. Pian piano mi hanno fatto capire cosa devo mangiare, e qual è il modo migliore per allenarmi a seconda di ogni momento. Che si tratti di tornei, preparazione o settimane di puro allenamento».
Ora intende lavorare sulla mente.
«Non voglio più crescere di fisico, non fa bene al tennis essere troppo muscolosi. Voglio concentrarmi sul migliorare altri fattori come velocità, agilità e potenza. So che devo lavorare molto a livello mentale. Ho bisogno di migliorare la concentrazione durante le partite, evitare crolli, non avere continui alti e bassi».
Un altro problema corretto dallo staff è stato quello della dipendenza dai social.
«Confesso, qualcuno è stato costretto a dormire con me per evitare che trascorressi le notti collegato al web, ma è durata solo poche notti: però sì, mi hanno reso consapevole che stare sveglio fino a tardi non mi avrebbe giovato nei tornei dove si gioca tutti i giorni. La buona giornata di un tennista comincia con una buona notte di sonno. È vero che è importante essere al meglio fisicamente e psicologicamente»
E poi ci sono gli scacchi:
«Mi mettono in funzione ogni neurone del cervello, mi costringono a trovare strategie e questo ha ricadute positive anche nel tennis: mi rende più veloce nel trovare soluzioni contro gli avversari. Negli scacchi, come nel tennis, se ti perdi per un momento il gioco è finito e non lo ribalti più. Grazie ad alfieri e cavalli osservo meglio anche i movimenti della palla in campo».