Il sindaco della città che “non merita quei tifosi”, frequenta da sempre la curva chiusa per razzismo. La saldatura tra stadio e politica locale è storia
Ora è il tempo del cupio dissolvi. Quel passaggio rituale – una liturgia ormai acquisita – per cui mentre ancora la Giustizia fatica a “punire” (eufemismo) gli ultras del Verona, parte la grancassa del distinguo agonistico: “eh ma Verona non si merita quei tifosi”, “la città non è la curva del Bentegodi”. Ne rintracciate il concetto ovunque, sui social, ma anche negli editoriali della stampa, commenti scongelati di volta in volta da un enorme freezer di retorica precotta. Lo striscione con le coordinate di Napoli suggerite a chi volesse bombardare una città nel tempo libero è diventato una figuraccia internazionale, tanto da “costringere” il Giudice Sportivo a “non sospendere” la pena per il Verona e squalificarne un settore per una partita. Un contentino contrabbandato da 41-bis del tifo organizzato.
E invece no: Verona, la città proprio, è profondamente saldata a una brodaglia di neofascismo, leghismo di prima maniera e cultura razzista da stadio. Qui la logica della “sparuta minoranza” funziona al contrario, semmai. Federico Sboarina, il sindaco della città che “non merita quei tifosi”, è uno di loro: frequenta da sempre quella curva chiusa per l’ennesima volta. Se ne è fatto vanto in passato, pure in campagna elettorale. Il club stesso, il Verona, è riuscito “condannare” (altro eufemismo) lo striscione senza mai citarlo. Usando generalizzazioni meccaniche come “ogni” “sempre” “qualunque”. E visto che la sanzione inferta è per i cori razzisti contro Napoli e i suoi giocatori di colore, potrebbe persino fare ricorso. Se ne sono accorti pure in Germania.
Di nuovo: nel 2022, con dossier infiniti di nefandezze violente e razziste in aggiornamento costante, davvero ci tocca ancora sentire che la città di Verona, la sua amministrazione, la sua politica non ha niente a che fare con le sue disgustose espressioni da stadio?
«Gioventù, ignoranza e testosterone» è più di uno slogan ultras, da queste parti. Durante una festa dell’Hellas i tifosi cantavano: «Siamo una squadra fantastica, fatta a forma di svastica». Poco prima un uomo sul palco, un capo degli ultrà che era anche il coordinatore del Nord Italia di Forza Nuova, il poi daspato Luca Castellini, urlava: «Chi ha permesso questa festa, chi ha pagato tutto, chi ha fatto da garante ha un nome: Adolf Hitler!». Non può più frequentare il Bentegodi fino al 2030, per pregresse schifezze accumulate.
Già all’epoca il sindaco provò ad argomentare che “la ricaduta immediata è quella di dare alla città e alla tifoseria dell’Hellas Verona un’immagine che non le rappresenta. Verona e i tifosi dell’Hellas hanno un alto concetto dei valori, conoscono i fatti che appartengono alla Storia e non meritano giudizi negativi superficiali”.
La foto qui sotto è del 2014: alla festa dei tifosi della curva sud dei buontemponi pensano bene di parcheggiare le auto in modo da formare una svastica.
Lo stadio non è un luogo degenere di una città innocente. È la casa della sua deformazione neofascista. Un lungo e argomentato reportage del Post del 2018 lo descrive come “il luogo dove le destre hanno trovato un terreno fertilissimo. Ha funzionato come un collante: simbolicamente l’attaccamento alla maglia è diventato l’attaccamento alla città, in una retorica che utilizza gli elementi tradizionali locali in forma di propaganda. lesso e pearà con la croce celtica, proverbi in dialetto sulle magliette della squadra, il dente di lupo nelle sciarpe”.
La curva che Verona “non merita” accumula medaglie almeno dal 1996, quando venne impiccato sugli spalti un pupazzo nero per contestare il possibile acquisto del giocatore olandese di colore Maickel Ferrier. Lo striscione che accompagnava l’azione recitava: «Il negro ve lo hanno regalato, fategli pulire lo stadio».
Al Bentegodi sono nate e sono state coltivate molte rilevanti carriere politiche locali. Sboarina, il sindaco-ultrà, non ha mai negato le sue frequentazioni “sportive” con la destra “non istituzionale”: “Sono tutte persone che conosco da tanti anni, vado in curva tutte le domeniche, anche in trasferta. Verona non è una città così grande, con quei tipi di mondi ho buoni rapporti”.
Alle prossime elezioni dovrà vedersela con Damiano Tommasi, ex giocatore del Verona espressione della sinistra, a dimostrazione che a Verona se vuoi provare a governare per il calcio devi passare. Beh, ci è cascato pure lui:
Lo Sport è e deve rimanere baluardo di pace e solidarietà
L’Hellas Verona non appartiene a chi calpesta le basi della convivenza civile.
Verona e i veronesi sono stanchi di doversi scusare per un’assurda minoranza.
Verona non è uno striscione!
🇺🇦 #Peace#VeronaNapoli #nowar— Damiano Tommasi (@17tommasi) March 13, 2022
Chi adesso si adopera per separare Verona dalla “sparuta” teppaglia neofascista fa un’operazione anti-storica, persino. La città è stata il crocevia dell’estremismo della destra italiana in tutte le sue forme. È stata una delle capitali della Repubblica di Salò, sede del comando generale della Gestapo, dagli anni Settanta centro di diverse organizzazioni eversive neofasciste come la “Rosa dei venti” del generale Amos Spiazzi, il “Fronte nazionale” di Franco Freda, “Ordine Nuovo” e la banda neonazista Ludwig, che aveva per motto «La nostra fede è nazismo. La nostra giustizia è morte. La nostra democrazia è sterminio». Il suo stadio ospita, soprattutto dagli anni 90 in poi, la coltura più feconda di Fronte della Gioventù e Azione Giovani. La curva Sud che il Giudice Sportivo è stato “costretto” a chiudere, non è un’isola. È uno specchio che riflette una faccia della sua città. Verona non merita se stessa?