Compie 85 anni uno dei personaggi più simpatici del calcio italiano. A Napoli fu una sfortunata meteora, lanciò Totti. E quella corsa a Bergamo
Nato a Roma, il 19 marzo 1937, trasteverino doc, Mazzone ha trascorso circa trentotto anni della sua vita sulle panchine di mezza Italia, avendo allenato nel corso dei quali ben dodici squadre diverse, ossia Ascoli (due volte), Fiorentina, Catanzaro, Bologna (tre volte), Lecce, Pescara, Cagliari (due volte), Roma, Napoli, Perugia, Brescia e Livorno, e avendo collezionato, in totale, 1278 panchine ufficiali, di cui 792 (più 5 spareggi) in Serie A, diventando così il primatista assoluto tra gli allenatori italiani.
A Napoli lo ricordiamo per le quattro panchine (e quattro sconfitte!) nella nefasta stagione 1997/98 (quella della retrocessione in Serie B con soli 14 punti totalizzati in 34 partite e dei quattro allenatori, molto probabilmente la peggiore, insieme a quella 2003/04, culminata col fallimento, della storia azzurra), quando chiamato a sostituire, dopo appena cinque giornate, l’esonerato Bortolo Mutti, si dimise a seguito della sconfitta per 2-0 rimediata in quel di Lecce, una volta resosi conto che, nonostante l’arrivo da lui richiesto dello svincolato Giuseppe Giannini (già allenato da Mazzone alla Roma e arrivato a Napoli per sostituire nello scacchiere del tecnico romano il partente Pedros…), la squadra partenopea era ormai inevitabilmente destinata ad una lunga e lenta agonia e ad campionato di stenti e delusioni sportive e non.
Non avendo mai allenato, ad eccezione della Roma, squadre di alta classifica, non vanta una bacheca piena di titoli (al suo attivo soltanto un campionato di Serie C vinto nel lontano 1972 sulla panchina dell’Ascoli, la Coppa di Lega Italo-Inglese conquistata alla guida della Fiorentina nel 1975, quando sconfisse sia all’andata che al ritorno i vincitori della Coppa d’Inghilterra del West Ham, e la Coppa Intertoto vinta nel 1998 con il Bologna), tuttavia la sua carriera è stata contraddistinta da grandi soddisfazioni personali. Su tutte, oltre alle molteplici salvezze conquistate, si ricordano l’ormai celebre corsa sotto la curva dei tifosi dell’Atalanta dopo il gol del 3-3 realizzato al 92.esimo da Roberto Baggio in un accesissimo derby col suo Brescia, nonché la famosa vittoria conseguita col Perugia nell’ultima giornata del campionato 1999/2000 quando, in un campo ai limiti della praticabilità per la forte quantità di pioggia caduta, sconfisse la Juve di Carlo Ancelotti negando così ai bianconeri la possibilità di vincere un campionato che fino a poche giornate prima sembrava già vinto, consegnandolo di fatto alla Lazio. C’è da scommettere che, da romanista sfegatato, l’aver regalato lo scudetto agli odiatissimi cugini laziali non gli avrà fatto fare di certo i salti di gioia, ma al tempo stesso quell’impresa lo ha fatto diventare l’idolo indiscusso di oltre mezza Italia!
Grazie di tutto e tantissimi auguri Sor Carletto. Ad maiora semper.