Cosa c’è dietro la corsa dell’Olimpico. Ogni calciatore si sente al centro del progetto. Quattro sono i ritrovamenti di giocatori dimenticati. Con Insigne in partenza e Mertens in scadenza, non c’è stata una polemica

La corsa sotto la curva Sud, o meglio sotto lo spicchio del settore dedicato ai tifosi del Napoli, adiacente alla Curva Sud, è l’immagine simbolo della squadra di Spalletti. Ne abbiamo scritto. Quella corsa è la cartina di tornasole dello stato di salute del gruppo, dell’affiatamento. Soprattutto del lavoro svolto da Luciano Spalletti. Perché nel calcio, come in qualsiasi altro ambito, nulla si ottiene senza il lavoro, l’abnegazione, la passione, lo studio, una certa dose di disciplina. E, aggiungiamo, l’attenzione al particolare. C’è un lavoro non indifferente che è stato effettuato sul gruppo. E noi questo lavoro – di Spalletti e del suo staff – abbiamo deciso di sottoporlo a una radiografia. Affinché fosse evidente cosa vuol dire avere un allenatore che ha a cuore la valorizzazione della rosa. Questo vuol dire eseguire nel migliore dei modi il mandato della società. Impegnarsi affinché ogni singolo calciatore arricchisca il proprio patrimonio di conoscenze e diventi un giocatore migliore. Spalletti ha fatto sì che ogni calciatore si sentisse seguito e al centro del progetto. Non sarà sfuggito che in un’annata particolare, con Insigne già col contratto firmato col Toronto, Mertens in scadenza, non c’è stata una polemica che fosse una. C’è un lavoro dietro tutto ciò ed è il lavoro di Luciano Spalletti.
Proviamo a valutare il lavoro del tecnico calciatore per calciatore.
OSPINA – È diventato il portiere titolare del Napoli. Lo era già, nella percezione di tutti. In realtà, lo scorso anno giocò meno minuti di Meret: 2.070 minuti contro 2.520. Quest’anno, a undici partite dalla fine, ha già giocato più della passata stagione: 2.205 minuti, è il quarto calciatore più utilizzato. Al di là del pensiero di ciascuno di noi su chi possa essere più forte tra il colombiano e Meret, la gestione di Spalletti è lineare. Il colombiano è diventato titolare alla terza giornata dopo l’infortunio, e soprattutto le indecisioni, di Meret a Genova contro il Genoa. Ha saltato due partite su venticinque: Bologna e Salernitana.
MERET – Partito titolare, è oggi il numero due. A lui Spalletti ha garantito l’Europa League in cui ha sempre giocato tranne che a Leicester dove era infortunato. In campionato ne ha disputate quattro da titolare. L’anno scorso, ha giocato oltre il doppio dei minuti di quest’anno (fin qui 1.064).
DI LORENZO – Lo stakanovista. Il più impiegato, sempre. Con Gattuso e con Spalletti. Fu il migliore, con Meret, anche dello scampolo di stagione ancelottiano. È un calciatore la cui affidabilità non è in discussione.
RRAHMANI – Può essere considerato un nuovo acquisto. Non a caso, lungo la corsa dell’Olimpico è il calciatore che gioca di più con Spalletti, muore dalla voglia di abbracciarlo. Gli deve tanto, tantissimo. In questa stagione è il secondo calciatore più impiegato del Napoli. Vanta già il doppio dei minuti dello scorso anno (2.708 contro 1.449). Il tecnico di Certaldo lo ha reso una colonna del Napoli, una certezza in grado di comandare la difesa in assenza di Koulibaly. È stata la crescita di Rrahmani a consentire la fuga anticipata (e a dir poco balorda) di Manolas. Eppure il kosovaro ha un passato da oggetto misterioso. La scorsa stagione giocò la prima da titolare il 10 gennaio, quel fallimentare primo tempo di Udine con sostituzione all’intervallo. Roba che avrebbe stroncato più di un calciatore fragile. Quest’anno ha cominciato in panchina solo le prime tre partite di campionato, poi sempre titolare.
KOULIBALY – Il Comandante. Spalletti lo ha incoronato capitano sul campo. Da sempre, dal primo giorno. Nonostante dichiarazioni a dir poco lunari del senegalese al termine della prima di campionato Napoli-Venezia (“Spalletti è stato bravo a proseguire il lavoro di Gattuso”). Tornando sulla terra, il difensore è stato considerato da subito un esempio, più volte il tecnico lo ha elogiato in conferenza stampa. Ha ricevuto ufficialmente i galloni del leader. La fascia conta fino a un certo punto.
MARIO RUI – Vittima di una narrazione spietata nei suoi confronti, probabilmente complice anche il deficit di simpatia del suo procuratore, l’esterno di difesa portoghese ha già giocato più minuti rispetto alla passata stagione (2.436 versus i 2.285 minuti), è il terzo calciatore più utilizzato da Spalletti che ha fatto di lui una colonna di questo Napoli. Spesso bistrattato ben oltre i suoi reali demeriti, è un calciatore che con Luciano ha acquisito centralità.
JUAN JESUS – La scorsa estate Napoli lo accolse come se facesse un altro lavoro. E invece Spalletti – che di mestiere studia e insegna calcio – ci aveva visto giusto. Ha fatto prendere al Napoli, a costo zero, un difensore affidabile e versatile che ha mostrato tutta la sua esperienza nel difficile periodo di assenza di Koulibaly e dopo la fujtina di Manolas. Si è fatto trovare pronto nonostante una lunghissima assenza, e in quelle nove giornate di campionato ha dimostrato di essere tutto fuorché un ex calciatore. Non è nemmeno vecchio, ha 30 anni. Ha giocato poco meno di 1.500 minuti, più di Rrahmani in tutta la scorsa stagione. È stato protagonista della vittoria a San Siro contro il Milan e ha segnato anche un gol in campionato. Comprensibilmente, si butterebbe nel fuoco per Spalletti.
GHOULAM – Spalletti ha trovato spazio anche per lui. Ha giocato titolare nella complessa trasferta contro la Juventus. E poi nella gara contro la Sampdoria. Il tecnico ha saputo integrarlo e, come per tutti, ha sempre avuto parole di incoraggiamento e di profondo rispetto. Ha giocato meno dell’anno scorso, ma evidentemente senza mai sentirsi emarginato. Altrimenti non avrebbe rilasciato dichiarazioni da leader. Segno che si sente molto considerato.
MALCUIT – Anche lui ha trovato spazio. Spalletti lo ha rilanciato nella partita con l’Atalanta, il Napoli perse ma lui sorprese. Ha giocato nella vittoriosa partita di San Siro contro il Milan e anche a Leicester. Fa parte del gruppo. La scorsa stagione, prima di finire alla Fiorentina nel mercato di gennaio, giocò appena 31 minuti. Ora è a quota 457.
ZANOLI e TUANZEBE– Hanno trovato spazio anche loro. Rispettivamente sei e due presenze.
LOBOTKA – È come Rrahmani e Juan Jesus. Il terzo ritrovamento di Spalletti. È stato recuperato al calcio. La scorsa stagione sembrava il protagonista di una di quelle storie che ogni tanto fanno capolino sui giornali: “si finge centrocampista per dieci anni, in realtà era geometra”. Con Spalletti il regista ha dimostrato di saper fare il proprio lavoro, al punto da diventare una pedina preziosa nello scacchiere del Napoli. Al punto che le sue assenze adesso si sentono e pesano. Il tecnico ne ha fatto il nuovo Pizarro. Ha già giocato più del doppio dei minuti della scorsa stagione (1.273 contro 527) quando fu il meno impiegato. Spalletti ha restituito un calciatore a De Laurentiis e ha ridato dignità (insieme col rilancio di Rrahmani) al lavoro di Giuntoli.
FABIAN RUIZ – Il suo gol a Roma è già nella storia del calcio del Napoli, oltre che nella classifica dei momenti indimenticabili dei tifosi del Napoli che – confermando la loro proverbiale e inemendabile incompetenza – lo hanno più volte definito un brocco così come inadatto a giocare al centro (sulle grottesche sentenze dei tifosi del Napoli si potrebbe scrivere un’enciclopedia). Una statistica rilanciata da tanti giornali ricorda che è il calciatore dei principali campionato d’Europa ad aver segnato di più da fuori area: sei gol (lo scorso anno tre più uno in Europa League). Si aggira per il campo con le movenze di un ballerino. Spalletti lo ha sempre difeso strenuamente, l’ultima volta domenica sera contro la Lazio («io Fabian non lo tolgo») e lui lo ha ripagato con un gol straordinario e che lui – in quelle condizioni – è capace di segnare più e più volte. È un architrave di questo Napoli di Spalletti.
ANGUISSA – Lo scorso anno al suo posto c’era Bakayoko. Sarebbe inutile aggiungere altro. Con Gattuso Bakayoko giocò la bellezza di 2.658 minuti: fu il settimo calciatore più utilizzato. E c’è ancora chi crede che il Napoli abbia perso la Champions nella partita contro il Verona. Salutato il francese, il Napoli – grazie allo scouting di Micheli – ha pescato in Premier questo camerunense che il tecnico di Certaldo ha piazzato al centro del villaggio Napoli. È stato tra gli assoluti protagonisti del girone d’andata e della prima fuga degli azzurri. Costringendo altri direttori sportivi a mangiarsi le mani.
DEMME – Forse il tedesco è l’unico della rosa ad aver subito un arretramento rispetto alla stagione precedente. Con Gattuso il mediano è stato un protagonista, la scorsa stagione ha giocato 2.268 minuti. Quest’anno, invece, è fermo a 906. È in maniera evidente retrocesso a ultimo dei centrocampisti. In partenza, ha pagato l’infortunio al legamento. Poi, ha subito il ritorno di Lobotka. Non ha il piede di Lobo e Fabian, non ha la fisicità di Anguissa. È il classico rincalzo.
ELMAS – I ritrovamenti passano a quattro. È come se Spalletti avesse garantito a De Laurentiis un nuovo acquisto: il terzo dopo Rrahmani e Lobotka. Acquistato in epoca Ancelotti, nella successiva gestione non ha mai trovato spazio. Il toscano toscano, invece, stravede per lui. Si capisce. Appena può, lo fa giocare. Anche fuori ruolo. È l’ottavo calciatore più impiegato. Ha già superato i duemila minuti, l’anno scorso si fermò a 1.270. Ha segnato sei gol (4 in Europa League) e servito sei assist (5 in campionato, uno domenica sera a Insigne). Spalletti ha dimostrato che non è un calciatore per caso. Un altro tassello messo al suo posto. Ad appena 22 anni.
ZIELINSKI – Il polacco è sempre lui. Nel bene e nel male. Calciatore a intermittenza, croce e delizia di tutti i tecnici che si sono avvicendati a Napoli. Molto utilizzato da tutti gli allenatori, è in media gol rispetto allo scorso anno. Ne segnò dieci la passata stagione, ora è a quota sette.
POLITANO – Non è più un insostituibile (lo scorso anno fu il sesto calciatore più impiegato). E questo, senza offendere nessuno, è un indicatore del maggior tasso di qualità della squadra. Elmas, ad esempio, ha giocato decisamente più di lui. Ma non è affatto un comprimario. Quando è chiamato in causa, spesso, il suo lo fa. In campionato è partito titolare in 14 partite su 27.
LOZANO – Ha giocato quanto Politano (tre minuti in più). Ha segnato poco, due gol. Forse il tecnico si sarebbe aspettato di più da lui – è un nostro pensiero – ma è un altro che è sempre stato tenuto in considerazione.
INSIGNE – La gestione del capitano con la valigia non era affatto semplice. Per la situazione in sé, per i rapporti tra il giocatore e il presidente, per la perenne diffidenza di una discreta fetta dell’ambiente, per la distorta narrazione che accompagna Spalletti nel rapporto con i capitani. Non è più il perno della squadra, come lo è stato con Gattuso. La scorsa stagione fu il secondo calciatore più impiegato, oggi è il nono (dietro Elmas). Ma non è mai stato messo in discussione. Il tecnico lo ha sempre difeso, anzi ha sempre negato che ci fosse un problema Insigne. E infatti non c’è mai stata l’opportunità per montare un caso giornalistico. Ha provato, a nostro avviso, a deresponsabilizzarlo per farlo giocare con più leggerezza e domenica, dopo un’attesa considerevolmente lunga, la strategia ha dato i primi frutti.
MERTENS – Il suo impiego è apparentemente in linea con quello dello scorso anno (sedicesimo come minuti giocati sia con Gattuso sia con Spalletti). La scorsa stagione rimase fermo due mesi per infortunio, quest’anno per fortuna è stato quasi sempre disponibile. Non è possibile considerarlo un titolare ma Spalletti si è spesso affidato a lui e il belga ha spesso (non sempre) offerto risposte all’altezza. Da cerchiare il gol allo Juventus Stadium. Un’altra gestione non semplice in cui l’allenatore di Certaldo se l’è cavata con grande mestiere.
OSIMHEN – È l’altra punta di diamante, dopo Koulibaly. Spalletti con lui ha usato bastone e carota. Lo ha sempre trattato da insostituibile, lo ha elogiato ma non gli ha risparmiato suggerimenti ad alta voce. Nonostante il lungo infortunio, è tra gli undici calciatori più utilizzati. È il centravanti di questo Napoli, ipotizziamo che il tecnico si aspetti molto da lui in queste ultime undici partite.
PETAGNA – Spalletti si oppose alla sua partenza a inizio campionato. Quando ha potuto, lo ha messo in campo, anche dal primo minuto. È probabilmente il prototipo del calciatore spallettiano: mai egoista, nemmeno davanti alla porta. Perfettamente consapevole del proprio ruolo in questo gruppo, lo assolve con dedizione e – come tutti – senza mai una parola fuori posto.
OUNAS – C’è spazio e considerazione anche per lui. Ha avuto le sue opportunità. Si comprende che a Spalletti piace, ma bisogna anche fare i conti con la continuità dell’algerino che ha numeri d’alta scuola che brillano in un tappeto di giocate dimenticabili. Domenica, ha avviato l’azione del gol di Fabian con un passaggio-poesia che ha messo Elmas su un’autostrada.