Il campo è l’ultima delle componenti. Il calcio italiano è un club di impresentabili, volgari, che si atteggiano a industriali ma detestano qualsiasi regola
Un esperto di politica, a digiuno di calcio, non avrebbe avuto il minimo dubbio nel prevedere l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali e quindi la sconfitta in casa contro la Nord Macedonia. In politica non esiste il vuoto e la Nazionale non può che essere la sintesi del movimento calcistico italiano. E il bluff ti può riuscire una volta: approfitti della congiunzione astrale e vinci gli Europei.
Il calcio italiano è un movimento industriale – così dicono loro – senza regole. Per Gravina and friends, essere industriali vuol dire agire in assenza di regole. Le più elementari. In Italia per anni abbiamo chiuso gli occhi di fronte alla scappatoia contabile delle plusvalenze. Addirittura fino a poco tempo era una pratica elogiata sui quotidiani. Abbiamo chiuso gli occhi di fronte a scandali enormi, come ad esempio l’esame di Suarez all’università per stranieri di Perugia. Non parliamo della posizione del calcio nei confronti del minimo garantito su temi come il razzismo e l’omofobia. Consentiteci il termine, facciamo semplicemente schifo su razzismo e omofobia. Un Paese dove ogni settimana le decisioni del giudice sportivo sono un oltraggio all’abc della convivenza civile, un’ignominia che dovrebbe portare a una sana ribellione di popolo e mediatica. E invece tutti zitti e a cuccia.
Di calcio neanche a parlarne. Nelle coppe europee non vinciamo dall’Inter di Mourinho, ci battono quasi tutti: che sia il Granada o il Bodoe Glimt. Così come di infrastrutture, di stadio, di collegamenti agli stadi.
Non c’è cultura dello sport. Non c’è cultura della prospettiva. Da noi far giocare un 19enne, un 20enne è considerato un azzardo. È il campionato dei pensionati eccellenti. Ed ecco i risultati.
Questo è il calcio italiano. Tenuto in piedi da presidenti di Serie A – nessuno escluso – che danno vita al più impresentabile dei club impresentabili. Francamente non crediamo che cambierà qualcosa. Però almeno che si abbia il coraggio di guardare in faccia il malato. Un malato grave la cui infezione è diventata purulenta. Il campo – dove Mancini ha commesso errori stratosferici – è l’ultima delle componenti. Il calcio italiano non merita di andare ai Mondiali.