La saggezza dell’amico Rosario: “Ho capito che la gente vuole il bel gioco e il pressing alto non perché piaccia, ma perché non vuole soffrire”
Il mio Atalanta Napoli 1-3
- Chiudiamo gli occhi, respiriamo profondamente e immaginiamo Gasperini.
- La sentite la pace e quel barlume osgarmico che ci lega indistintamente tutti in questo momento?
- Per esempio, io ora lo immagino che fa colazione con litri di caffè più dolce del miele, mentre non riesce a fare a meno di ingurgitare ciò che ha iniziato a mangiare il giorno prima: fegato.
- Ieri, nel passeggio domenicale di prima serata, qualsiasi amico tifoso incontrato non mi ha parlato del grande Napoli, dello scudetto, della monetina o di Mario Rui. No. Tutti, con gli occhi brillanti e felici, alla domanda “come stai?”, hanno risposto “molto bene. Sto pensando alla faccia di Gasperini”. E poi via, dopo questa premessa, a disquisire di Zanoli, Lobotka, la monetina e del pallone che rotola.
- Solo al rientro a casa, ho ritrovato il mio vecchio amico Rosario, tifoso di antica data, con il suo fido cagnolino, che generalmente non si lascia trascinare da tali godurie effimere. Alla domanda “come stai?, mi ha risposto con una mano nel fianco e il respiro affannato “so’ stanco”. “Ste partite m’accirene” ha aggiunto. “Ho capito che la gente vuole il bel gioco e il pressing alto non perché piaccia, ma perché non vuole soffrire. Invece oggi abbiamo sofferto. Tanto. Non tanto in campo, ma dentro. Pure Willy (il cane) ha sofferto. E siamo stanchi”. E ha chiuso “torniamo a essere noi stessi. Come siamo sempre stati. Provinciali e cattivi. E scaramantici. Appena parlamm di quel coso là, pigliamm ‘e paccheri. È storia. Ma mò so’ stanco. M’vaco a cuccà”.
- Abbiamo sofferto dentro. È vero. È stata una partita, una storia, emotivamente logorante. Con la squadra che dava l’impressione di essere ancora negli spogliatoi, senza Godimhen, con Zielinski e con Koulibaly in viaggio verso il Qatar.
- Quando la squadra si è fatta stritolare nella propri 30 metri senza riuscire a trovare un buco o un passaggio decente, ho rivisto Napoli Barcellona e lì è iniziata la sofferenza. Ho pensato che nemmeno la 200 lire ci avrebbe salvato stavolta.
- La svolta c’è stata quando l’uomo che non ti aspetti è riuscito a trovare il varco giusto e ha dato il pallone decisivo al padre di Ciro Romeo che fino a quel momento era stato completamente ignorato.
- Zanoli per Mertens che è stato travolto da Musso in uscita.
- L’arbitro ci ha provato a non concedere rigore, ma assegnando il calcio d’angolo si è suicidato. Una volta richiamato dal Var, seppur abbia vivisezionato l’azione, ha dovuto constatare che il tocco del portiere alla palla è stato solo frutto della sua immaginazione e della speranza.
- Insigne sul dischetto è stata poi l’immagine del patema. L’urlo forte e feroce susseguente al gol me lo ha confermato.
- Con il vantaggio in tasca, la squadra è parsa più tranquilla, nonostante la sofferenza fosse comunque dietro la porta.
- Con il vantaggio in tasca sono dunque emersi gli uomini. Su tutti, e per distacco, Mario Rui. Il professore portoghese che, ricordiamolo, annientò un certo Salah. Già immagino il suo agente che si farà intervistare da tutte le radio locali per l’intera settimana. Il professore che ieri ha insegnato ai tanto celebrati terzini neroazzurri cosa siano le diagonali.
- Infatti, sul bel gol di Politano, l’intera difesa del mangiatore di fegato, se lo è guardato. Tiro al volo dal centro dell’area in solitudine e 0-2. Se ci fosse stato Mario, dubito che Politano avrebbe potuto mostrare la manina del “uaneme, che gol!”.
- Col doppio vantaggio, paradossalmente, ho avuto ancora più preoccupazione. Il pensiero di una rimonta é stato lancinante.
- Per fortuna che ogni tanto hanno inquadrato Gasperini con lo sguardo verso il cielo. Sono i momenti in cui mi sono risollevato.
- Tra gli uomini che hanno mostrato le cosiddette voglio aggiungere i soliti Lobotka, che ormai sembra provenire da un videogioco i cui comandi sembrano semplici semplici, e JJ che, diciamolo, non fa più notizia. Dobbiamo invece interrogarci sui motivi che lo hanno portato a Napoli con quell’alone di scetticismo che invece non ha ragione di esistere.
- E poi, la sorpresa, Zanoli. Il ragazzo, in una partita difficile e delicata, tra l’altro, ha dovuto fronteggiare spesso Muriel, immagino spedito dal mangiatore di fegato, convinto di distruggerlo emotivamente e Boga che in passato ha fatto ammattire la quasi totalità di terzini affrontati. In più, Zanoli si è proposto spesso in avanti, ha fatto un assist decisivo e di Di Lorenzo non ha fatto sentire la mancanza.
- Nel secondo tempo, l’Atalanta ha dimezzato lo svantaggio con De Roon, ma il Napoli non si è disunito e ha continuato a difendersi con ordine in attesa di cogliere l’occasione giusta in contropiede.
- A 10 minuti dal termine la parola fine l’hanno messa i nuovi entrati, Lozano, pizzicato magistralmente da un lancio di Kulì e Elmas, che in area si è dimostrato freddo come un bomber di razza.
- Il Napoli l’ha vinta bene e l’ha giocata come voleva. Probabilmente hanno sofferto meno i giocatori in campo che noi tifosi allo stadio o sul divano di casa.
- D’ora in poi si giocherà sugli episodi e sul filo dei nervi, punto a punto. In attesa di una monetina o che qualcuno caschi o simuli. E se la giornata non dovesse essere la migliore, torniamo a essere provinciali e scaramantici, ristoriamoci e risolleviamoci immaginando Gasperini che fa colazione.
- Forza Napoli Sempre
Gianluigi Trapani ilnapolista © riproduzione riservata