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Il papà di Sarri: «L’allenatore l’aveva nella testa da piccolo. Faceva fare i passaggi alle figurine dei calciatori»

Al CorSera: «Come calciatore aveva i piedi per conto loro. Andammo a un Fiorentina-Napoli e mise dietro la 500 targata Firenze un telone ‘Forza Napoli!’».

Il papà di Sarri: «L’allenatore l’aveva nella testa da piccolo. Faceva fare i passaggi alle figurine dei calciatori»
Roma 20/03/2022 - campionato di calcio serie A / Roma-Lazio / foto Image Sport nella foto: Maurizio Sarri

Sul Corriere della Sera un’intervista ad Amerigo Sarri, papà di Maurizio, tecnico della Lazio. A novembre compirà 90 anni. Ha un passato da operaio e un’antica passione: il ciclismo. La bici la guida da quando aveva sei anni, dice. Cominciò nel 1946, subito dopo la guerra, prima come allievo, poi come dilettante.

«Nei dilettanti ho vinto più di cinquanta corse e due selezioni per i mondiali. Un dilettante che oggi vince così piglia un sacco di soldi».

Smise anche per questo, ma non solo.

«I soldi non bastavano per campare e non mi piaceva l’ambiente».

Ha corso con Bartali e Coppi, anzi, racconta che con Bartali erano amici.

«Io ero coppiano, ma Bartali era una persona eccezionale. Quando passava in allenamento da Figline si fermava con noi dilettanti e si andava assieme in bicicletta. La nostra amicizia è durata finché è morto. Una persona di serietà e correttezza enormi. Come atleta aveva tutto».

Dopo l’esperienza col ciclismo, papà Sarri ha fatto l’operaio.

«10 ore al giorno e 5 nei festivi. Ho montato gru per un’impresa che mi mandò a Lovere, sul Lago d’Iseo, e poi a Napoli».

A Napoli nacque Maurizio.

«Quando iniziò a parlare parlava bergamasco. Sentiva tutti che chiamano i padri ‘papà’ e lo faceva anche lui. ‘Nun so’ papà, sono babbo’, gli dicevo, perché in Toscana si usa così. Cominciò a chiamarmi ‘ba-pà’».

Anche a Maurizio piaceva la bici.

«Come no. Ha vinto anche delle corse da esordiente. Veniva in bicicletta con me. Una volte, mentre era svincolato, gli chiesero che partita gli sarebbe piaciuto vedere, rispose: ‘Se c’è una tappa del Giro d’Italia o del Giro di Francia guardo quella».

Era forte, velocissimo in salita, ma smise per il calcio.

«Smise da esordiente a 13 anni perché gli amici giocavano a calcio e andò anche lui. C’era la fila dei direttori sportivi che non volevano che smettesse. Arrivò dilettante».

Ma nel calcio non andava come nel ciclismo.

«Insomma. Come ciclista poteva fare strada, come calciatore… Aveva un po’ i piedi per conto loro. Era un difensore, uno spogliatore. Uno che con le buone o le cattive non ti faceva passare».

Maurizio, racconta, ha sempre avuto la passione per il ruolo dell’allenatore.

«L’allenatore l’aveva nella testa da piccolo. Metteva in corridoio le figurine dei calciatori e gli faceva fare i passaggi».

Da piccolo tifava Napoli.

«Da bambino era per il Napoli. Una volta si andò a vedere Fiorentina-Napoli con la 500 targata Firenze. Sull’autostrada i napoletani ci salutavano. All’arrivo mi accorsi che aveva messo dietro un telone ‘Forza Napoli!’. Si andò in curva con i napoletani, ma la Fiorentina vinse 2-0».

Parla del figlio con orgoglio.

«Ne sono orgoglioso come figliolo».

Gli chiedono se tra loro parlano mai di calcio.

«Io il calcio non lo guardo».

Non segue suo figlio?

«No. Se c’è da dare un po’ di tifo lo faccio per la Fiorentina. E faccio il tifo per mio figlio».

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