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Io non volevo avere il potere di partecipare alle cene del Napoli, io volevo il potere di farle fallire

Dopo tanti anni non so più a quale patto siamo arrivati. Qual è questo? Il patto non moriamo? O – da un altro punto di vista – il patto: acceriteve

Io non volevo avere il potere di partecipare alle cene del Napoli, io volevo il potere di farle fallire

Io non volevo avere il potere di partecipare alle cene del Napoli, io volevo il potere di farle fallire.

Così stamattina un qualunque Jep Gambardella sulle cene di Castelvolturno. Le cene stiamo insieme, le cene gruppo, le cene amalgama, le cene va tutto bene, le cene ce la faremo, le cene però dormiamo a casa, le cene forchette a giro, le cene mangiamo con le mani, le cene non c’eravamo mai sentiti così uniti. Le cene mediate, le cene volute dal presidente, da Spalletti, le cene che Insigne quasi quasi cucino io. Così come Troisi voleva essere l’amante della moglie di Renica nei giorni dello scudetto, io vorrei essere il primo cameriere di quelle cene di tutte le cene. Tu sei quello del tiro a giro? Soglioletta. Tu sei quello del capa e cesso con Pinamonti? Brodino. Tu sei quello che ha propiziato due gol su tre? Frutta secca. Voi che avete dormito mentre la Roma pareggiava? Bollito. Voi che vi siete fatti fare tre gol dalla Fiorentina (la stessa squadra che ha perso a Salerno appena dopo) davvero volete mangiare? Un po’ di lenticchie ma senza pasta.

Dispiace, voi cenate e il gioco del calcio va avanti senza di voi, da qualche parte nel mondo City-Real, una partita di pallone vera, talmente veloce che l’arbitro avrà fischiato 20 volte in tutto. Voi col brodino direte che ci sono stati errori difensivi, certo e allora? Io da cameriere, per carità, non da esperto, io me lo vedo Malcuit davanti a Phil Foden, me lo vedo il nostro portiere (uno qualunque) davanti a quell’anziano scarpone di Benzema.

Le cene, la psicologia. Dopo tanti anni non so più a quale patto siamo arrivati. Qual è questo? Il patto non moriamo? O – da un altro punto di vista – il patto: acceriteve. No, a cena non si piange, per piacere, mangia la sogliola e stai zitto. Spalletti, no, il dolce no, non è corretto, non è rispettoso per i ragazzi, e mi scusi ma stasera non posso darle nemmeno la sua “bistecca al giorno” o i brodini qui riuniti ci restano male. Ma che fa l’anno prossimo, resta? va? Farà come la canzone di Guccini o starà qui a fare un altro anno così, di belle speranze che si infrangeranno contro il primo Spezia che passa, contro tutti gli Empoli del pianeta.

La fragilità dei ragazzi, mi permetto: Ma jatevenne affanculo. Per favore. La paura che ti mangia lo stomaco, il panico che ti prende a Fuorigrotta, devo leggere di Ulivieri che mi ricorda i crampi allo stomaco di Shalimov, ma a questo punto parliamo della nausea di Dal Fiume, di un capogiro di Vinazzani e invece si tratta della uallera di Zielinski.

Giocare a pallone è facile, se sei capace. E forse questi qua non sono abbastanza capaci. E su Fabián, è la terza forchetta che ti cade dalle mani, che diamine.

Intanto Pogba è uscito dalla chat del Manchester United, su Giuntoli portalo qua, mi sembra diventato abbastanza inconcludente. Potremmo amarlo.

La cena sta finendo, chi paga? Il presidente si sfila, Spalletti ha scordato il bancomat, Insigne non ha contanti, Mertens ha già offerto per la nascita del figlio. Nessuno lascia la mancia, il City ha vinto 4-3. Se ne vanno finalmente, per fortuna domani sera non sono di turno, non posso vedere questo sperpetuo di tintinnio di forchette che non avvolgono spaghetti, di cucchiai che non tirano su brodo, di pane che non ha voglia di fare la scarpetta.

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