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Lahm sul Guardian: «È indipendente, affascinante, non è dogmatico. Ecco perché tutti amano Ancelotti»

Lahm ha vinto tutto, e ha avuto Carletto al Bayern dopo Guardiola. Non tra Sarri e Gattuso. «Con lui hai libertà, è il migliore nel gestire personaggi estremi»

Lahm sul Guardian: «È indipendente, affascinante, non è dogmatico. Ecco perché tutti amano Ancelotti»
Db Madrid 07/12/2021 - Champions League / Real Madrid-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Carlo Ancelotti

“Ama quello che fa e ama il calcio e i calciatori. Per questo a tutti piace giocare per il grande allenatore Carlo Ancelotti”. Finisce così un pezzo del Guardian firmato da Philipp Lahm. Uno che ha vinto – abbiamo cercato su Wikipedia, per sicurezza – un Mondiale da capitano della nazionale tedesca, otto campionati con il Bayern Monaco, una Champions, una Supercoppa europea, un Campionato del mondo per club, sette Coppe di Germania, tre Supercoppe tedesche e una Coppa di Lega tedesca. E infatti scrive per il Guardian, mica per il Napolista.

Lahm ha avuto Ancelotti come allenatore al Bayern, nel 2016, dopo Guardiola. Non dopo Sarri e prima di Gattuso, certo. Ma nonostante ciò ha avuto modo lo stesso di poter giudicare il suo lavoro dall’interno. E prova a spiegare perché “tutti amano Carletto” (alla faccia dello spogliatoio del Bayern contro Ancelotti). Noi ne prendiamo appena qualche estratto.

“Da giocatore ti senti a tuo agio perché intuisci che l’allenatore è pronto a mettere a disposizione della squadra i suoi metodi. Ecco perché ha successo ovunque”.

Ha vinto tutto, ok. Ma non è questo… “Ad ogni allenatore che non ha giocato ai massimi livelli manca qualcosa che Ancelotti ha vissuto. E quindi la sua profonda comprensione del gioco, dei giocatori, dell’ambiente del calcio professionistico viene dall’interno. Non è un allenatore dogmatico. Tutte le sue squadre hanno un livello tattico, pensa dalla fase difensiva. Ma come giocatore, hai libertà. Ancelotti è il migliore nel gestire personaggi estremi”.

Lahm ricorda che a Monaco, il club per provare a dare un po’ di disciplina a quello che sembrava uno spogliatoio di “bambini”, diede ad Ancelotti “una lista di cinque punti a cui noi giocatori dovremmo prestare attenzione. Ancelotti si è fermato nello spogliatoio davanti alla squadra, ha guardato il pezzo di carta e ha detto: ‘Ho un ordine del consiglio, devo leggervi una lista’. Quello che ha detto, il suo tono, il suo aspetto, dicevano: ‘Questo non fa parte del mio lavoro, dopotutto non sto allenando una squadra giovanile. Ma se i capi vogliono che lo faccia, lo farò'”.

Ancelotti è indipendente. Ha fascino, umorismo e una certa nonchalance. Riesce a mantenere le distanze. Si sedeva spesso in un ristorante con la sua famiglia per un’ora e mezza dopo il fischio finale e mangiava i tortellini”. “Non si prende mai troppo sul serio”.

“Quelli che ora chiedono come si può avere successo in cinque paesi con cinque lingue diverse devono sapere che i calciatori fanno molte cose in modo non verbale. E Ancelotti ha imparato le 50 parole importanti necessarie in questo gioco in tutte le lingue. Il calcio di prima classe è internazionale. Real, PSG, Chelsea, Bayern e Milan differiscono nello stile solo nelle sfumature. Ancelotti è la soluzione ideale per conquistare tranquillamente queste squadre”.

“Come allenatore del Real, è consapevole che può succedere una debacle, come la sconfitta per 4-0 contro il Barcellona. Ancelotti lo sa e i giocatori lo sanno. Si sostengono a vicenda perché lui è uno di loro. Non si perde d’animo dopo le sconfitte, ma sta davanti ai suoi giocatori. Se squadra e allenatore sono un tutt’uno, questo è merito di Ancelotti”.

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