Alla Gazzetta: «il City ha fatto poco, i giocatori non attaccano più gli spazi. Dopo un po’ i calciatori non sono più in sintonia con gli spartiti, vanno cambiati»
La Gazzetta intervista Arrigo Sacchi sul calcio «preistorico» (definizione di Guardiola) di Simeone. Sacchi ovviamente critica l’allenatore dell’Atletico Madrid ma ne ha anche per Guardiola.
«Comunque bisogna essere onesti: la sfida tra gli spagnoli e il City è ancora aperta. Nel ritorno potrebbe succedere di tutto. E qui sta un limite, per come la vedo io, della squadra di Guardiola».
Che cosa avrebbe dovuto fare il City?
«Movimenti senza palla, ritmo alto, attacchi degli spazi, smarcamenti al momento giusto. Invece tutto questo non si è visto. Un po’ è stato bravo l’Atletico a chiudere tutti i buchi e un po’ ha sbagliato il City. Guardiola ha alcuni giocatori, e penso a Sterling, a Mahrez, a Bernardo Silva, che prima gli spazi li attaccavano dieci o quindici volte a partita, adesso al massimo tre o quattro. Questo è il problema. Gliel’ho detto a Pep: “Se la tua squadra gioca a ritmi alti, va in profondità, e si smarca con i tempi giusti, è imbattibile. Altrimenti…”. Il fatto è che gli allenatori dovrebbero avere il coraggio di cambiare quando le cose funzionano. Intendo cambiare gli interpreti: dopo un po’, non sono più in sintonia con lo spartito».
«Diciamo la verità: questo modo di giocare stanca il pubblico. Gli spettatori chiedono bellezza, chiedono emozioni. Quale emozione ci può essere in un rinvio di cinquanta metri? Lo sa che cosa mi disse Gullit una volta? Mister, perché non proviamo anche noi a buttare il pallone in area, siamo forti di testa, magari segniamo…».
E lei che cosa rispose?
«No, perché se per sfortuna facciamo gol, va a finire che giochiamo sempre in quel modo. E non volevo: il calcio per me è fraseggio, organizzazione, pressing, palla rasoterra, dominio del campo.