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Christillin: «Sono affezionata agli Agnelli di oggi, ma appartengono a un mondo diventato più liquido»

Al CorSera: «A scuola ero brava, una secchiona sabauda, ma facevo copiare. In casa nessuno leggeva libri o andava a teatro. Sono autodidatta»

Christillin: «Sono affezionata agli Agnelli di oggi, ma appartengono a un mondo diventato più liquido»
Mg Venaria 23/05/2010 - raduno Nazionale Italiana gioco calcio / foto Marco Giglio/Image Sport nella foto: Andrea Agnelli-Evelina Christillin

Il Corriere della Sera intervista Evelina Christillin, componente del Consiglio Fifa dal 2016. Si racconta da bambina.

«Ero brava a scuola. Gianantonio Stella mi ha definito una “secchiona sabauda”, ma ero una secchiona che faceva copiare. La scuola è stata però condizionata dallo sci. Metà anno lo passavamo al Sestriere (c’era pure mia sorella) e quando nel 1970 sono entrata nella Nazionale B la cosa si è fatta spessa».

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«Non ero rimandata, ma davo gli esami a settembre per carenza di frequenza. L’agonismo mi prendeva: partivo da Torino, trovavo Claudia Giordani a Milano e con lei mi dirigevo nel Nord Est».

Sugli Agnelli.

«Hanno rappresentato una seconda famiglia. Papà era un caro amico dell’Avvocato, da bambina giocavo a casa di Margherita e lo vedevo partire per lo stadio assieme ad Edoardo. Negli anni del terrorismo i figli sono andati via, ci siamo ritrovati quando entrambe le famiglie si sono trasferite sulla collina torinese. Era il mio periodo in Nazionale, l’Avvocato mi portava a sciare in elicottero: “Voglio vedere come va”, diceva a mio padre».

Si sente figlioccia di Gianni Agnelli?

«Tutto quello che ho fatto dopo è stato grazie a lui. La facilità nel rapportarmi col mondo deriva da Gianni e da Marella. La sabaudite è stata annacquata dall’aver imparato a comportarmi».

L’Avvocato era gossippato per questioni di donne. Tutto vero o leggenda?

«Qualcosa di vero c’è, ma Gianni Agnelli aveva un senso della famiglia fortissimo e ha fronteggiato disgrazie terrificanti, come quella di Edoardo. Poi, certo, era fascinoso. Aveva una dimensione planetaria, era un principe rinascimentale: a casa sua passava chiunque, da Kissinger, a Ted Kennedy, a Fidel Castro».

Gli Agnelli di adesso?

«Sono affezionata perché sono i figli di Margherita e li ho visti nascere. Però appartengono a un mondo diventato più liquido».

Si è laureata tardi, diceva.

«Sono stata travolta da Montezemolo, dalla Fiat, dal matrimonio, dalla maternità. Poi un brutto male mi ha bloccato per due anni. Quando mi sono licenziata, una cara amica, suor Giuliana del Cottolengo, mi ha spronato a riprendere gli studi, fermi a 5 esami. Mi ha aiutato con il duplicato del diploma di maturità classica, che non trovavo più, e ho scelto lettere con indirizzo storico. Tesi sui “poveri malati”, poi finita in un libro: occuparmi degli umili è il mio karma».

Qual è la migliore Evelina Christillin?

«Quella che sta nello sport. Sono figlia di genitori che volevano divertirsi, in casa nessuno leggeva libri o andava a teatro. Alla cultura mi sono avvicinata da autodidatta, ma lo sport me l’hanno inculcato: mi appassiono perfino per il tamburello».

Ha «respirato» la nobiltà di suo marito, Gabriele Galateri di Genola?

«No, anche perché ha sempre lavorato tanto e ha trascurato la nobiltà. Tra l’altro pochi sanno come mi chiamo da sposata: io uso Christillin, che è un bel cognome da mucca valdostana».

Quanto è donna di casa?

«Risposta semplice: zero. E demando le “gite” al supermercato».

Ma lei è juventina?

«Parecchio: la Juve è nel cuore e mi arrabbio se la insultano».

Però è stata bandita dallo «Stadium»…

«Non è così: per rispetto loro e della mia permanenza nella Uefa guardo le partite in Tv».

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