Al CorSera: «Un genitore mi definì stronza su Instagram perché avevo lasciato la figlia senza autografo, ma quel giorno ne avevo firmati un centinaio»
Il Corriere della Sera intervista la pallavolista Paola Egonu. Con l’Imoco di Conegliano ha vinto tutto, con la Nazionale azzurra ha conquistato un oro e un bronzo europei e un argento mondiale.
«Ho ammesso di amare una donna — e lo ridirei, non mi sono mai pentita — e tutti a dire: ecco, la Egonu è lesbica. No, non funziona così. Mi ero innamorata di una collega ma non significa che non potrei innamorami di un ragazzo o di un’altra donna. Non ho niente da nascondere però di base sono fatti miei».
Si descrive:
«Vivo sull’ottovolante, la mia giornata di relax ideale è orizzontale, a letto. Caffè tra le lenzuola, serie tv a raffica, Tik Tok, video buffi, telefonate ai miei e alle amiche. In me convivono due anime, italiana e africana, e di ciascuna di esse mi piace tutto. In campo mi porto dietro tutta me stessa, nel bene e nel male. A volte mi dico che vorrei essere normale, ma normale è noioso. Mi accetto così, sempre in viaggio sulle montagne russe».
In un’intervista al «Corriere» dopo l’Olimpiade e l’Europeo aveva parlato dei suoi attacchi di panico.
«Ne ho avuti altri, con conseguenze ancora più forti sul mio corpo. Episodi sempre legati al campo, all’allenamento o alla partita. La testa vede improvvisamente nero, il pensiero negativo ti spinge giù, ti… ammazza. Quando mi succede, mi spavento: mi piace mantenere il controllo e invece non sono più lucida. Dopo, passata la crisi, mi aiuta avere qualcuno che mi ascolta, che sa come sono fatta e che accetta le mie follie».
Parla dei social, dell’odio degli haters.
«Non mi cambia più l’umore. Gli haters li blocco, inutile perdere tempo a ragionarci. La cosa più fastidiosa è quando si dimenticano che sono un essere umano. Ricordo la frustrazione di un genitore che non aveva avuto un autografo per la figlia: sei una stronza, scrisse su Instagram. No, mi dispiace, stronza non sono: sei tu che ignori i ritmi e le esigenze della vita di una professionista dello sport. Quel giorno, dopo la partita, io di autografi ne avevo firmati cento. Al resto sono abituata».
L’Italia non è razzista, dice.
«È da un bel po’ che queste cose non mi succedono più, per fortuna. Ma l’Italia non è un Paese razzista, di persone cattive in giro ce ne sono poche. A volte noto ignoranza, che è diverso, e un po’ di superficialità».