POSTA NAPOLISTA – È assurdo il clima in città. Magari Napoli e i suoi servizi fossero all’altezza del Napoli. Viviamo l’età dell’oro e non ce ne rendiamo conto. Basta autolesionismo
Gentile direttore, io non capisco cosa stia succedendo a Napoli in queste ore tra Spalletti, De Laurentiis, la squadra, la tifoseria organizzata e quella sotto pseudonimo (o anonima) che appende nottetempo gli striscioni fuori dal Maradona.
Al di là delle discutibili iniziative citate, mi pare che in città sia venuta definitivamente meno la capacità di elaborare un pensiero elementare su cosa sia il calcio oggi, inteso nella sua complessità di sistema economico-sportivo-politico, e quale sia il ruolo che la società azzurra intende occupare in Italia e in Europa.
Si è scritto che con De Laurentiis il Napoli è in Europa da 13 anni consecutivi ma non mi pare che tutti abbiano capito la portata di questo essere al vertice. Esiste nella storia della società un periodo altrettanto lungo di permanenza nelle competizioni europee? La risposta è no. Quindi tutti noi stiamo vivendo un’età dell’oro di cui non riusciamo ad essere, non dico contenti, ma anche solo consapevoli. Non lo trovo giusto. Anzi, trovo che sia una bestemmia per chi come me ha cominciato ad appassionarsi davvero al Napoli nell’anno orribile della retrocessione. Ma ve lo ricordate Corbelli?
Allo stesso modo non trovo giusto che, per lunghissima tradizione, la partecipazione a tali competizioni sia costantemente sottovalutata, anche dalla società che in questo atteggiamento provinciale è simile ai suoi tifosi meno evoluti. Mi pare un segno di sciatteria incomprensibile.
La riflessione da fare, giunti al punto in cui siamo, è a mio modo di vedere la seguente: basta autolesionismo. Il calcio è un’industria e il Napoli è tra le cinque società migliori d’Italia.
E aggiungo: magari la città e i suoi servizi fossero all’altezza della SSC Napoli. Tanto per restare alla cronaca di questi giorni: abbiamo un bel dire che la Reggia di Capodimonte è uno scrigno di tesori se, di sabato e di domenica, le corse dei mezzi pubblici sono rare, inaffidabili e per il turista medio raggiungere il museo diventa un calvario.
Detto ciò, comprendo perfettamente la delusione per la singolare parabola sportiva di questo campionato, che è chiaramente quello in cui il titolo è stato maggiormente alla portata della squadra di Spalletti per la non schiacciante superiorità delle milanesi (lasciamo perdere la Juventus che sta vivendo una crisi di sistema assoluta). Non siamo stati in grado di approfittarne ed è giusto indagare il perché. Senza tafazzismo, però.
La società di De Laurentiis non è esente da errori marchiani e decisioni maldestre, tutto puntualmente raccontato dal suo giornale. È altrettanto vero però che alcune delle scelte fatte sono state lungimiranti e in certi casi d’avanguardia. Cito sempre a titolo di esempio l’idea – da 10 e lode – di produrre le maglie da sé con il design di un mito globale come Armani.
È ovvio che tanto dell’artigianalità che ancora contraddistingue la gestione andrebbe rivisto. Vale per il Napoli come per altre società di alta classifica italiane. Tempo al tempo, a voler essere ottimisti.
E penso che sia proprio il caso di essere ottimisti. Bisogna esserlo alla maniera di Francesco Saverio Nitti che pensava da pessimista – “perché la natura delle cose è ingiusta e crudele e la illusione è debolezza” – ma agiva da ottimista – “poiché nessuna energia, nessuno sforzo di bontà e di amore vanno mai interamente perduti”. La ricetta per evolvere e progredire quindi è: senso critico e buone pratiche, non piagnistei pretestuosi senza costrutto.
Napoli è pronta ad accettare questa sfida che si gioca sulla sua capacità di essere (o diventare) una società e una comunità finalmente matura?
Questo è il nostro PNRR più urgente.