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Bagni: «La rabbia di Osimhen non va spenta né ingabbiata. Il mio Napoli aveva più personalità di questo»

Intervista al Napolista. «Era un altro calcio, venivi ammonito al quindicesimo fallo, oggi al primo. Per i più forti era dura. Il razzismo? Non è cambiato niente»

Bagni: «La rabbia di Osimhen non va spenta né ingabbiata. Il mio Napoli aveva più personalità di questo»
Db Milano 06/06/2011 - assemblea ordinaria Lega Calcio Serie A / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Salvatore Bagni

Salvatore Bagni, il guerriero. Non ha bisogno di presentazioni. Parliamo di un calciatore con oltre duecento presenze in Serie A. Al Perugia, all’Inter, poi al Napoli insieme a Maradona. L’anima della squadra del primo scudetto degli azzurri, nell’86/87. Un annata straordinaria in cui mise a segno sette reti tra campionato e Coppa Italia. A quel trionfo ha dedicato un libro, edito da Sperling&Kupfer, che si chiama «Che vi siete persi»: si tratta di un chiaro riferimento allo striscione apparso davanti al cimitero di Poggioreale durante i festeggiamenti. Il sottotitolo? «Il primo scudetto del Napoli raccontato da due protagonisti»: un protagonista, ovviamente, è lui; l’altro è l’indimenticato Bruno Giordano. Un libro ricco di retroscena e aneddoti.

Il libro sarà presentato giovedì 9 giugno alle ore 19 al Lido Varca d’Oro di Varcaturo, a seguire concerto di Sarah Jane Morris e Papik.

Bagni ha concesso un’intervista al Napolista.

Il libro, ma non solo

Nelle pagine di Che vi siete persi, tra le altre cose, si può leggere della sfida tra Italia e Argentina nel Mondiale dell’86. Bagni marcò Maradona. Finì pari…

«Bearzot chiese chi voleva marcare Diego, accettai perché era un mio compagno di club, ero sicuro che mi avrebbe rispettato. Lo fece: era un campione anche sotto il profilo umano. Quando c’era qualche rissa durante la partita con gli argentini veniva a richiamarmi per non farmi buttar fuori, e stavamo giocando una partita del Mondiale. Sono i gesti che contano. Ho delle foto che valgono una vita con Maradona, da amici. Sono stato forse l’unico ad aver vissuto Diego attraverso tutti i componenti della sua famiglia: figlie, moglie, padre, madre, parenti, sorelle, tutti. Ho vissuto con lui nell’intimo, anche se facevamo due vite totalmente diverse. Io mi svegliavo alle sei e mezza, lui faceva il contrario perché non poteva uscire, ma siamo stati amici veri. Ha fatto tanti gesti importanti Maradona, per me e la mia famiglia»

L’Italia di ieri e di oggi

…qualche giorno fa a Wembley s’è giocata proprio Italia-Argentina. Messi non è Maradona ma era in serata di grazia. 3-0 senza appello alla Nazionale che aveva vinto l’Europeo e che ora, fuori dal Mondiale, sembra totalmente – al di là del pari coi tedeschi – in balìa degli eventi. È una Nazionale che riflette il livello del nostro calcio, che si è abbassato. A pensare che i giornali – come scrive Bagni nel libro – definirono quella dell’86 un’«Italietta» viene da sorridere guardando lo stato del calcio italiano (e della Nazionale) di oggi…

«Quella dell’86 valeva per il Mondiale, questa era poco più che un’amichevole. Purtroppo dimentichiamo delle cose: è il secondo Campionato del Mondo che saltiamo, ma lo meritiamo. Io commentai i Mondiali del Sudafrica e siamo stati eliminati al primo turno, con squadre come Slovacchia, Nuova Zelanda, Paraguay… Prima delle due esclusioni per due volte (nel 2010 e nel 2014) non abbiamo superato i gironi. Questa è un po’ la conseguenza. Diciamo che non ce lo aspettavamo perché dopo la vittoria dell’Europeo non te l’aspetti. Però nel calcio i momenti sono importanti, basta qualche infortunio, qualche scadimento di forma, qualche rigore sbagliato per andare fuori dal Mondiale. Certo non ce l’aspettavamo di andare fuori con la Macedonia, magari col Portogallo… Sono i cicli, non c’è niente da fare, questa squadra ci ha fatto sorridere e divertire, ci piaceva molto, aveva avvicinato molto i tifosi italiani, ma star fuori dal Mondiale due volte è una cosa gravissima per l’Italia»

Come immagina, Bagni, la rifondazione della Nazionale…

«Io col Mancio ho giocato insieme, anche se è più giovane di me: non ha paura di sbagliare, di mandar dentro i giocatori giovani, li prova tutti. Una volta non era possibile, c’era un blocco (blocco Juve, Inter e così via) e qualche volta – ma ogni tanto – si inseriva qualche giocatore. Ora non è così. Ora Mancio li prova tutti, anche chi fa una o due partite. Gnonto l’ha buttato dentro senza problemi perché ha visto che nello stage s’è impegnato, ha visto qualità, personalità, e l’ha buttato dentro. Mancini è così. Non ha paura di fare cose che sembrano azzardate. Ci ha dato soddisfazioni e secondo me ce ne darà ancora perché ha avuto il coraggio di rimanere al suo posto dopo l’eliminazione. Sapere che c’è spazio per tutti, per i giovani è importante: il messaggio è “gioca bene e che tu abbia sedici o trent’anni, giocherai”»

Il calcio è cambiato

«In ogni stagione – scrive Bagni in «Che vi siete persi» – mi prendevo un paio di giornate di squalifica, a volte anche di più, ma essere un «giocatore a rischio» faceva parte della mia natura. Per compensare, non ho mai saltato nemmeno una partita per infortunio. A volte ho ricevuto espulsioni evitabili, è vero, ma nella maggior parte dei casi squalifiche e cartellini erano la conseguenza di normali scontri di gioco nei quali avevo semplicemente avuto il coraggio di non togliere la gamba. Di non tirarmi indietro». Sembra a tutti gli effetti il racconto di un altro calcio. Oggi esistono ancora “giocatori a rischio”? Com’è cambiato il calcio come gioco?

«Ora sono molto più “a rischio”: un fallo e sei ammonito, un fallo cattivo e sei espulso. Era un altro tipo di calcio, bisogna adeguarsi. Ora i calciatori sanno che al primo fallo cattivo, alla prima entrata in ritardo, rischi espulsione diretta. Una volta era molto più semplice per i difensori e per chi marcava a uomo: quando avevi davanti un calciatore forte commettevi dieci falli e forse venivi ammonito al quindicesimo fallo. Giocavi a uomo, commettevi un fallo, trattenevi e non succedeva niente. Non c’era la regola dell’ultimo uomo, non c’era nulla. Era tutto molto più duro, c’erano poche limitazioni. Era un calcio diverso, non so se meglio o peggio. Ora i più forti sono avvantaggiati, cercano la posizione e l’avversario migliore… una volta invece per loro era difficile»

Napoli e il Napoli

«Napoli – racconta ancora nel libro, a proposito dell’estate dell’86 – era una polveriera pronta a esplodere in qualsiasi momento. Anche se tutto sembrava girare al meglio, in un attimo ogni cosa poteva cambiare, e da idolo ti trasformavi in un ’nfamone”. Certe Cassandre c’erano pure all’epoca. Alla vigilia della stagione dello scudetto, per esempio, le voci di popolo erano assai: «Manca un regista (che sembra molto il terzino sinistro di oggi, ndr)», «Maradona con l’Argentina è un’altra cosa», «Al Sud i campionati non si vincono». È possibile che questa cosa non cambi mai? È un po’ quello che è successo a Spalletti quest’anno?

«Però era un divertimento. Non si vinceva, non s’era mai vinto e nessuno chiedeva niente, noi andavamo al mare. Poi quando cominci a vincere diventa più difficile, ci si aspetta che uno continui a vincere. Io nella mia vita però non sono mai stato pessimista. Oggi invece si chiede di vincere, certo. Perché questa squadra ha più possibilità economica di quella di Ferlaino, tatticamente è una squadra più forte di quella nostra che ha vinto due scudetti, una Coppa Italia, la Supercoppa e la Coppa Uefa, ma forse ha un po’ meno personalità. Quando arrivi lì per due/tre anni consecutivi – com’è successo nell’era De Laurentiis – e non fai il balzo, l’ultimo tassello, la gente è delusa. Io a Napoli ci vengo tutte le settimane, sento i malumori della gente. Per l’ennesima volta abbiamo perso un campionato che potevamo vincere, perché secondo me tecnicamente eravamo più forti… ma non si vince solo con la tecnica»

Il razzismo negli stadi: tutti hanno paura di prendere soluzioni drastiche

Nel libro Bagni scrive della stagione dell’85-86, dei cori razzisti dei tifosi del Verona. E di Diego, che se l’era presa tantissimo. Quest’anno a Verona quello striscione inqualificabile sull’Ucraina, con le coordinate di Napoli. Bagni dice di “gruppetti razzisti bisognosi d’attenzione” ma le reazioni delle istituzioni su questi temi non dovrebbero essere più incisive?

«Non è cambiato niente, i napoletani rispondevano con l’ironia. Io sono del Nord ma ci identificavamo con le persone, coi napoletani. Celestini, Caffarelli, Bruscolotti, Volpecina ci facevano capire quanto poteva essere importante vincere qui. Io son del Nord ma quei cori non li capisco lo stesso. Sono emiliano ma non li scuso, non hanno alcun senso. Finché si rimane nell’ironia e nello sfottò va benissimo, la cattiveria no. Diciamo sempre che le Istituzioni dovrebbero essere più incisive poi non succede mai niente: tutti hanno paura di prendere soluzioni drastiche, in Inghilterra non c’è più un hooligan, sono stati debellati, e appena c’è una parola contraria all’avversario gli steward ti prendono e ti portano via, ti danno il Daspo per cinque anni o a vita. Queste sono le soluzioni, noi non ci arriveremo mai. Lì erano peggio di noi. Il calcio deve essere uno spettacolo ma non è ancora spettacolo…»

Mertens

In merito al suo travagliato trasferimento al Napoli, l’ex calciatore emiliano racconta le dichiarazioni che Briaschi della Juventus fece in sua difesa. «Si fanno ancora i contratti senza tener presente la nostra volontà. E invece noi non siamo più dei pacchi postali, contiamo quanto le due società che trattano». Oggi – aggiunge – la volontà dei calciatori prevale sempre. Bagni lo sa perché fa l’operatore di mercato. La domanda che in tanti si fanno è: prevarrà anche nel caso di Mertens? La richiesta economica del belga trapelata dalla società somiglia molto alla scelta di un addio. Ma che ne pensa Salvatore Bagni? Crede in un rinnovamento vero di questo gruppo squadra?

«La mia volontà prevalse: decisi di venire, poi mia suocera ebbe un tumore, morì a luglio 84. Hanno provato a mettersi muro contro muro, ci han provato, ma se io prendo una decisione è quella, è il mio carattere. Se eri proprietà della società anche prima potevi rifiutare, ma all’epoca era più difficile. Per quanto riguarda la vicenda Mertens, a me dispiace. La riconoscenza non esiste più, certo, però Mertens è un giocatore, non un ex giocatore. Ha dimostrato nell’ultimo campionato di essere integro, pronto a fare ancora dai dieci gol in su. Io glielo rinnoverei subito il contratto. Secondo me la discussione è sulla durata del contratto…»

Bagni, la rabbia e Osimhen

Nel libro è raccontato un episodio del ritiro dell’Estate 85′, a Macerata. Bagni reagì a delle provocazioni di un ragazzo, in amichevole. Si presero a pugni. I giornalisti, per evitare squalifiche, provarono a non far uscire nulla. Bagni poi ebbe una discussione piuttosto animata anche con l’unico giornalista che fece trapelare l’episodio. Conseguenze peggiori furono evitate da Mimmo Malfitano. Fu allora che Bianchi e Allodi decisero di parlare con Bagni – si legge – e gli dissero che forse quella volta era andato un po’ oltre, ma allo stesso tempo non avevano intenzione di multarlo perché sapevano che ingabbiare la sua grinta sarebbe stato controproducente. Anche Osimhen non è stato multato dal Napoli – in questi anni – a seguito di alcuni atteggiamenti che pure sono stati discutibili. Un grintoso come Bagni pensa che anche mettere in gabbia “la rabbia” di Osimhen sarebbe un errore? Victor può essere – nei prossimi anni, sebbene giochi in un ruolo diverso – ‘O guerriero del nuovo Napoli?

«Io non ho preso mai una multa in vita mia. Osimhen deve essere lasciato libero di sfogare la sua rabbia, la sua voglia di liberare energia. Certe volte si va oltre ma se la spegni perdi il giocatore, non sei più te stesso. Poi magari c’è qualche eccesso, come successo a me o a Osimhen soprattutto. Ma se la spegni il giocatore rende molto meno. Se Osimhen può diventare il leader di questo nuovo Napoli? Io spero che non vada via Koulibaly, Mertens e Insigne erano due pezzi così importanti e sono andati via contemporaneamente, sostituire anche il terzo pezzo importante sarebbe difficile, perché poi vanno sostituiti. Per il Napoli è un mercato aperto, dipenderà dalle richeiste che arriveranno. Poi sì, spero che Victor faccia parte del progetto ancora per molto tempo».

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