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Ho visto Kvaratskhelia e mi ha ricordato Lavezzi (e in più segna)

Le immagini che arrivano dalla Georgia sono letteralmente trascinanti. E il Pocho, piaccia o meno, trascinava. Accendeva gli entusiasmi come pochi

Ho visto Kvaratskhelia e mi ha ricordato Lavezzi (e in più segna)
archivio Image / Sport / Khvicha Kvaratskhelia-Egzijan Alioskil / foto Imago/Image

Lo ammetto: sono Pochista. O forse – per citare Gaber – credevo di essere Pochista, e magari ero qualcos’altro. Mi ero dichiarato già qualche settimana fa: «Il primo amore non si scorda mai», scrissi. E io Ezequiel Lavezzi in piedi sui cartelloni di Anfield Road proprio non riesco a dimenticarlo. Così come la doppietta al Chelsea, così come l’esultanza coi tifosi all’Olimpico nel giorno dell’addio, ch’era il giorno in cui un trofeo, la Coppa Italia, tornava a Napoli dopo quasi vent’anni di sofferenze.

A Napoli in questi anni sono passati calciatori indiscutibilmente più forti di Lavezzi. Higuain e Cavani, certo, che però facevano un altro mestiere. Ma pure Hamsik, Mertens, se vai a vedere perfino Insigne. Però come hanno cantato la Rettore e Ditonellapiaga a Sanremo forse sarà semplicemente per «una questione di chimica» che quando segnava il Pocho (raramente, peraltro) dalle nostre parti la gioia era doppia, tripla, quadrupla. Sarà che è stato, per un’intera generazione, il primo. Saranno tante cose. Sarà pure che a Napoli un calciatore che salta l’uomo con la facilità di Lavezzi non si vede da una vita. Sta di fatto che l’entusiasmo che Lavezzi riusciva ad accendere, a Napoli, poi s’è rivisto molto raramente. Quella capacità di «trascinare», e quella sensazione di essere «trascinato», quasi fisicamente, con quella corsa disordinata e dinoccolata, io – almeno – l’ho riprovata molto raramente.

Lavezzi arrivò a Napoli che sembrava Pino “la lavatrice”, con quell’aria sfastiriata da elettricista mancato, sconosciuto ai più, contestato dai soliti. E bastò quel gol straordinario che segnò all’Udinese a eleggerlo Re, che piaccia o meno. Ed ecco, in questi giorni m’attraversa una suggestione, forse campata in aria, magari poco concreta. E se Kvaratskheila (o Ciccio Chiarastella, come l’ha ribattezzato Mimmo Carratelli) – pure lui fino a ieri sconosciuto – fosse l’uomo nuovo in grado di «trascinare»?

Le immagini che vediamo ogni giorno sono sorprendenti. Kvara (dalle sue parti lo chiamano così) sembra forte davvero. Corre, dribbla, inventa. Fa gol assolutamente fuori dal comune, come quelli che ha segnato con la Georgia in questi giorni. Quello di ieri, lo dico lasciandomi «trascinare», è un gol da fenomeno. Nelle chat del fantacalcio, i miei amici di sempre hanno cominciato a scrivere “uno!”, come a dire: lo compro, è mio, ci punto. All’asta (che quest’anno si farà molto presto) ci investo. Di base c’è un’idea, forse impopolare, ed è che non si può avere sempre lo sguardo rivolto al passato, se non – magari – per cercare d’ispirarsi, di prendere spunto. Dalla lontana Georgia, da quel covo di matti che è Tblisi, arriva la giusta dose d’entusiasmo per affrontare tutte queste novità con coinvolgimento. E se Kvara (che però la porta la vede) fosse il nuovo Lavezzi? 

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