Lo scozzese gioca con un’anca artificiale: “Tornassi indietro mi allenerei in maniera diversa, non ho smesso perché dovevo dimostrare ai medici che si sbagliavano”

Andy Murray ha 35 anni, e non questo il problema. “Mi faceva male tutto già a venti anni”. Il problema, adesso, è che gioca a tennis con un’anca di metallo. “Stamattina mi sono sentito meglio del solito perché nessuno dei miei quattro figli mi è saltato addosso. Il dolore è stato a lungo parte della mia vita quotidiana. Alcune parti del mio corpo mi facevano male al mattino. Ma allo stesso tempo ci sono ancora articolazioni che funzionano bene, con cui non ho alcun problema. Ad esempio la spalla, i gomiti o i polsi. Fianchi, ginocchia e schiena, mi fanno molto male regolarmente. Ma questo non ha nulla a che fare con la mia età”.
E’ un periodo questo, causa Nadal, in cui il discorso dolore-sport è in prima pagina. Nel tennis poi l’usura del corpo è fisiologica. Murray è fatto della stessa sostanza di Nadal. Resistono, non si sa bene come. Prova a spiegarlo in un’intervista alla Faz, ora che è in tabellone nel torneo di Stoccarda:
“Devo sollevare molto più peso del solito da quando ho subito l’intervento chirurgico all’anca destra, per costruire muscoli che proteggano la protesi. E gioco meno a tennis, faccio meno allenamento fitness. Negli ultimi anni sono cambiate alcune cose. In una normale giornata di allenamento, sono in campo due ore e mezza al massimo. Non vado più a correre. Ma questo non ha nulla a che fare con la mia anca artificiale, ma con un’operazione alla schiena che ho avuto quando avevo 25 anni. E non faccio quasi più squat con un bilanciere molto carico, mi fa davvero male ai fianchi. Ma per quanto riguarda l’allenamento specifico del tennis, lì non è cambiato quasi nulla, con piccole restrizioni posso fare tutto quello che facevo prima.
Con un’anca nuova ha vinto il torneo di Anversa. Per i medici non era possibile.
“Ho appena disputato la semifinale al Roland Garros nel 2017 contro Stan Wawrinka. Ho perso in cinque set e ho avuto un dolore all’anca così forte che non potevo fare un passo. Sono andato dal medico, che mi ha detto che la buona notizia era che poteva risolvere il dolore con un’articolazione artificiale dell’anca. La notizia brutta è che dopo non avrei più potuto giocare a tennis a livello pro. Ero piuttosto sconvolto, perché all’epoca ero il numero uno al mondo. Quindi ho continuato a giocare. Quando, 18 mesi dopo, ho deciso di sottopormi all’operazione, la prima persona che ho incontrato quando ho fatto i primi passi incerti con mia moglie nel il corridoio dell’ospedale è stato questo medico. Mi ha sorriso e si è congratulato con me per l’operazione, ma io ero davvero arrabbiato con lui. Sono le persone come lui che, oltre al mio amore per il tennis, mi spingono a stare al passo con i migliori per batterli”.
“Penso di poter essere di nuovo tra i primi 30 entro la fine dell’anno. Ho ancora grandi aspettative su me stesso. Ma ovviamente non è realistico dire che voglio vincere di nuovo uno Slam”.
Come funziona la testa di uno così, lo capisci dall’accanimento:
“È ancora difficile per me perdere, provo a vincere ogni partita. Ma so che non è più possibile. Ho provato una nuova racchetta, ma dopo due mesi e mezzo sono tornato alla mia vecchia, col piatto più piccolo. Vorrei essere stato più aperto al riguardo da giovane. Ma ho giocato con la mia vecchia racchetta per più di vent’anni, volevo cambiare qualcosa perché una superficie più ampia perdona di più, ma alla mia età non potevo più cambiare. Non era la racchetta, eravamo io e i miei tic”.
Dice che, potesse tornare indietro, cambierebbe metodi di allenamento:
“Facevo troppo in termini di volume e intensità. Se avessi tenuto d’occhio i miei carichi di allenamento con i sistemi GPS avrei potuto prepararmi per i tornei in modo molto più dosato e mirato. Ho scoperto in seguito che le mie sedute di corsa erano puro stress per i miei legamenti, tendini e articolazioni. Un maratoneta non percorre distanze superiori alla distanza della maratona durante l’allenamento. Mi sarei risparmiato magari numerosi infortuni alle articolazioni, se avessi corso di meno e pedalato di più, per esempio”.