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Ormezzano: «Nel gabinetto di casa, davanti al wc, Minà ha una parete con le foto dei vip intervistati»

Il cronista sportivo di storica fede torinista a Il Giornale: «Per Boniperti ho diretto, “in incognito”, il periodico Hurrà Juventus».

Ormezzano: «Nel gabinetto di casa, davanti al wc, Minà ha una parete con le foto dei vip intervistati»

Su Il Giornale una bellissima intervista a Gian Paolo Ormezzano, per anni inviato sportivo e scrittore. Ha il record di Olimpiadi seguite: 25 edizioni.

«Sono un uomo due volte fortunato. La prima perché non sono nato donna in Afghanistan; la seconda perché sono nato a Torino senza mai diventare tifoso della Juve».

Dopo essere andato in pensione ha diretto una rivista specializzata in servizi funebri.

«Tutta colpa del ciclista Alcide Cerato della scuderia Molteni. Lo avevo conosciuto al Giro d’Italia e ribattezzato “il barista”. Gestiva le bare. Era, ed è ancora oggi, il titolare dell’impresa di pompe funebri lombarda “San Siro”. La rivista si chiamava La Buona Sera (sottotitolo: Periodico di Vita, Morte e Miracoli), aveva una veste grafica elegantemente patinata, con collaboratori di prestigio tra cui Enzo Biagi. Il mio stipendio non prevedeva denaro, ma vacanze gratis in Costa Smeralda. La Buona Sera veniva inviata gratis solo a personaggi di spicco».

Non è stata quella l’unica esperienza del genere.

«Replicai l’esperienza anche in un giornale che si chiamava La Panchina (sottotitolo: Tattica e tecnica per riconoscere la morte e uscirne vivi)».

Racconta di quando, inviato a Berlino, le sue finanze furono prosciugate in un night club.

«In un night club due sanguisughe travestite mi prosciugarono il portafoglio. Mi salvò Gino Palumbo. Il direttore che, insieme con Antonio Ghirelli, ho amato di più. Gino mi disse: “Non ti preoccupare, scrivi quello che vuoi, ti pagherò bene”. E così risollevai le mie finanze».

Ha trascorso una vita nei giornali. Gli chiedono se gli è mai stato censurato un pezzo.

«No. Ho sempre lavorato in piena libertà anche perché i miei “padroni” sapevano che avevo il “vaffa” facile e quindi si mettevano nelle condizioni di non essere mandati a quel paese. Anche se… tanti anni proposi a un noto magazine un reportage dal titolo “Io, seduto sul cesso di Gianni Minà”. Però non se ne fece niente».

Cos’ha di speciale il «cesso di Gianni Minà»?

«Devi sapere che proprio davanti alla tazza del wc di Gianni c’è una grande parete con le fotografie di molti dei suoi celebri personaggi intervistati in 60 anni di carriera. E ti assicuro che essere guardati nei tuoi momenti più intimi da personaggi come Fidel Castro, Maradona, Mohammed Alì, Robert De Niro ecc. è un’esperienza emozionante».

Un’esperienza che ha provato spesso.

«Spessissimo. Gianni è per me più di un amico, un fratello. Frequento molto casa sua e, avendo una certa età, in bagno ci vado di frequente».

Racconta il rapporto con Enzo Ferrari, Enzo Bearzot e Livio Berruti.

«Enzo Ferrari aveva un solo difetto: si fidava di me. Con Enzo Bearzot c’era un feeling speciale. A Livio Berruti continuo a fare da autista oggi che ha 82 anni e si muove con le stampelle così come lo scorrazzavo in una “500” quando era campione del mondo dei 200 metri».

E ancora, un’altra mitica amicizia, quella con Giampiero Boniperti: un torinista ed uno juventino.

«Grande Giampiero. È morto proprio durante i giorni in cui io ero ricoverato per il Covid. Per lui ho diretto, “in incognito”, il periodico Hurrà Juventus».

Ormezzano ha scritto il libro “Io c’ero davvero” in cui racconta la sua carriera ma anche l’esperienza con il Covid: è stato ricoverato cinque volte in un mese.

«Cinque diversi ricoveri in un mese tutto tremendo. Ho assistito a scene degradanti ma anche a eroiche solidarietà. Il bene e il male tra spirito di abnegazione e distruzione della dignità umana. Avevo i polmoni invasi dal virus. I miei vicini di letto erano immobili col casco in testa e cannule nel naso. Respiri uguali a rantoli. Poi, improvvisamente, sparivano nel nulla. Come fantasmi. Ne ho contati a decine. Poi ho preferito smettere».

E’ finito in terapia intensiva.

«Sì. Ma mi hanno salvato le mentine che ho sempre preferito alle sigarette. Il fatto di non essere un tabagista si è rivelato un aiuto fondamentale».

 

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