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Baldini: «Sono rinato vagando per i boschi per 6 anni. Dove i vecchi parlano con la morte»

Il ritratto dell’allenatore del Palermo sul CorSport. «Nel calcio è così, ti fanno passare per folle. Mi ispira Pitagora, potrò parlarne agli sceicchi del City?»

Baldini: «Sono rinato vagando per i boschi per 6 anni. Dove i vecchi parlano con la morte»
Db Palermo 12/06/2022 - finale play off serie C / Palermo-Padova / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Silvio Baldini

Sul Corriere dello Sport uno splendido ritratto di Silvio Baldini, allenatore del Palermo. Lo firma Giancarlo Dotto. Quattro pagine densissime, che rapiscono. Lo avevano dato per disperso, poi per impazzito. Per ricominciare accettò di allenare la Carrarese in serie C.

«A una sola condizione. Ho preteso di non essere pagato. Zero. Neanche un rimborso spese. Sapevo che dovevo espiare… ».

Ama la montagna. Dotto racconta di un’intervista di tre anni fa, quando Baldini quasi sequestrò lui e Lele Adani per portarli sul Monte Pasquilio per mostrargli i suoi luoghi del cuore.

«Sei venuto qui per raccontarmi? Vuoi conoscermi davvero, capire dove nasce la mia ispirazione? Devi venire sulla montagna con me».

Li caricò sul suo pick up e li portò a mille metri di altezza, tra boschi di castagni e di abeti, dirupi e strapiombi, sentieri di roccia.

«Qua ci vengo all’alba con i cani. Non si può cacciare, ma a me non me frega niente di sparare. I cani hanno le emozioni e io le ascolto. Non ho bisogno di altro, di nessuno… Lo vedi quel vecchio lassù, solo soletto? Di sicuro stava parlando con la morte e noi lo abbiamo infastidito».

Raccontò loro di andarci da solo, di notte, perché era «ancora più bello».

Baldini cammina con un punteruolo acuminato in tasca.

«Lo porto sempre con me per eventuali cattivi incontri…».

Racconta perché è sparito a lungo.

«Sono sparito da un mondo di falsi e ipocriti in cui non mi riconoscevo più. Il calcio era solo stress che mi mangiava. Non riuscivo più a controllarlo. Cosa ho fatto in quei sei anni? Niente. Salivo per le montagne con il mio bastone, i miei cani. D’inverno me ne andavo a cacciare pernici con i pastori siciliani. Una grande amarezza dentro, ma anche una strana serenità. Sei anni di vuoto, così sembravano, e invece sono stati gli anni della mia rinascita. Poi, ho ripreso ad allenare… ».

E’ famoso per il calcio in culo al collega Di Carlo in Parma-Catania del 2007. Un calcio in mondovisione.

«Mi aveva offeso con parole e gesti sprezzanti…».

I giornalisti lo bollarono “come qualcosa tra un irascibile villano e un disturbato mentale”. Forse doveva espiare quello? Per questo sparì?

«No, quello fu in realtà un incidente emotivo che significò molto non per me ma per la gente che mi giudicava. Dovevo, invece, espiare la scelta di Palermo».

Era accaduto quattro anni prima della pedata in mondovisione.

«A Empoli stavo bene. Mi volevano fare un contratto di 100 milioni per 5 anni. Mi cercavano anche Fiorentina e Napoli. Arriva Zamparini e mi offre un triennale a 2 miliardi l’anno per allenare il Palermo in serie B. Penso ai tre figli, mia moglie spinge, e accetto. Un madornale errore. La scelta dei soldi. Tradisco me stesso. Finisce tutto. Zamparini, ricco a palate, si sente onnipotente, metteva bocca sulla formazione. Voleva suggerirmi chi doveva giocare. Dopo una sconfitta, a caldo, mi provoca e io lo insulto di brutto. “Il presidente non mi deve rompere il cazzo, il campionato lo vinciamo e basta!”. Mi esonera. Eravamo terzi, ma la mia storia di allenatore finisce lì. Zamparini mi ha fatto molto soffrire. Non sono uno nato per arricchirmi, non sono nato per subire persone arroganti… Ho capito che dovevo mettermi da parte. Come campavo? Me la cavavo con i risparmi e i 2.400 euro di pensione. I soldi sono il diavolo. Avevo ceduto l’anima. Anche scopare se è per questo mi piace, ma non ho mai tradito mia moglie».

Il Palermo a dicembre è quinto nel girone C di serie C.

«Mi chiama Renzo Castagnini, il direttore sportivo: Abbiamo fatto una figura meschina nell’ultima partita, cambiamo allenatore, ti va di fare una chiacchiera? Il 24 dicembre, la vigilia di Natale, firmo per il Palermo. Rinnovo automatico di un anno in caso di promozione. Firmavo e non ci credevo. Negli anni in cui non allenavo e passavo l’inverno in Sicilia mi fermavo spesso al santuario di Santa Rosalia. Sentivo una voce che mi parlava: Tornerai a Palermo… ». Suggestioni, fantasie, allucinazioni, mi dicevo. Con il senno di poi, mi dico oggi che quella scelta estrema di non allenare fu un’illuminazione non un black out. Ho aspettato tanto per riavere indietro quello che mi hanno tolto. 18 anni non sono stati più un calvario, ma una goduria. Nel momento in cui pensi che tutto sia finito, tutto si riaccende e riparte. Bellissimo!…. La predizione di Santa Rosalia si è avverata e ora sono curioso di vedere come andrà a finire. Il destino ti porta, ti mette li, ma poi devi essere tu a vincere le battaglie… ».

Il Palermo è in Serie B.

«Come mi sono presentato ai ragazzi? Mi lascio guidare solo dal mio istinto. Ho chiesto solo emozioni da loro. “Dobbiamo cercare noi stessi”, gli ho detto il primo giorno. “Se cerchiamo noi stessi. i risultati arriveranno di conseguenza”.  Empatico, ma radicale. Era una squadra, ma non era un gruppo. “Da oggi io sono il vostro unico riferimento, da oggi dentro qua conta solo una voce, la mia. Se il presidente vuole parlare deve alzare la mano e chiedere il permesso”».

Due giorni fa, racconta Dotto, una nuova intervista a Massa, in un’osteria che in genere Baldini frequenta.

«Follia? Mi accorgo quando le persone mi vogliono palleggiare. Tu non sei venuto qui per palleggiarmi. Tu sei qui per raccontarmi. E non m’importa come mi racconti, m’importa che sei qui per questo. Mi accorgo quando vogliono mettere in gioco questa follia per togliermi tutti i meriti di allenatore. E allora faccio il volgare, parlo male, dico parolacce. Così, lo so, faccio soffrire mia moglie, la mia famiglia, ma non ci posso fare nulla. Ci sono delle persone che mi stanno sui coglioni e vengono anche in questa osteria. Se so che ci sono, io non vengo. Invidiosi, meschini. Sono conigli. Non ti dicono niente davanti. Se potessero, mi farebbero del male. Nel calcio è così, ti fanno passare per folle, non scrivono che da gennaio il Palermo ha fatto più gol di tutti, tra serie A, B e C, che ha segnato 24 volte su 25. Sono in malafede o incompetenti. Non scrivono che delle ultime 12 partite ne abbiamo vinte 10 e pareggiate 2. Che ne abbiamo vinte 7 fuori casa di seguito. Io ero sicuro già prima dei playoff che saremmo saliti. Qualcosa era esploso nella mente dei miei. Insieme alla condizione fisica straordinaria. A un certo punto ci hanno messo la fede. Penso a uno come Luperini. Doveva andar via da Palermo. Uno che muore ma non si ferma. Insieme a Kanté è stato il giocatore che ha recuperato più palloni nel calcio professionistico… ».

Il padre Valentino ha lavorato per una vita nelle cave di marmo.

«Era anche il mio destino».

Da bambino accompagnava un cieco nei boschi durante la guerra e il cieco lo portava nei laghi gelati per sfuggire ai tedeschi

«… e il mio babbo si addormentava con i piedi ghiacciati pensando alla mamma che non aveva più».

Parla della figlia Valentina, disabile totale

«Il mio angelo… io se penso a Valentina non posso mai perdere. Come faccio a perdere? Sono imbattibile. Gli mangio il cuore al nemico».

Ha portato le foto di Valentina ai giocatori quando erano in difficoltà. A Carrara l’aveva portata di persona.

«Doveva campare 6 mesi Valentina, oggi ha 35 anni. Disabile al cento per cento. Non parla. Non può stare in piedi. E sai una cosa? Io l’ho sentito che sarebbe nata così. Ho sempre saputo cos’è il male… ».

Racconta la storia di Rosy, la sua fidanzata brasiliana di quarant’anni prima.

«L’avevo conosciuta in un night. Rimane incinta. Dovevo sposarla. Tutto già combinato. Tre giorni prima sento una voce dentro che mi dice: non farlo. Stavo in bisca. Alle tre di notte arriva un amico con mia mamma: la Rosy è all’ospedale s’è tagliata le vene. Rosy abortisce a Napoli e torna in Brasile. Sparisce. Conosco Paola, dieci mesi dopo decido di sposarla. Alla vigilia del matrimonio, mi chiama Rosy. «Spero che tu possa soffrire quello che ho sofferto io», mi maledice. Mia moglie rimane incinta. Le ecografie sono tutte regolari, ma io le dico. «C’è qualcosa che non va per il verso giusto… me lo sento».

Nel mondo di Silvio Baldini, scrive Dotto, se c’è la colpa ci sarà anche il castigo. Non si scappa.

«È la legge del contrappasso, me lo diceva sempre mia nonna».

Ha una passione per Pitagora.

«Mi ispira. Mi ha insegnato che la matematica non è una scienza astratta. Come puoi esercitare il controllo dello spazio nel tempo. Il campo di calcio è un disegno geometrico, la palla è un punto che tocca la superficie. Come fai a contenere la palla? Non puoi fare cerchi o quadrati interi, devi fare dei mezzo quadrati, cioè un raddoppio».

I numeri per lui sono fondamentali.

«Fondamentali, ma non sono nulla se non sono combinati alle emozioni. Lunedì avrò il mio primo incontro con gli sceicchi del Manchester City che hanno comprato il Palermo. Che dici, mi faranno parlare di Pitagora?».

Non è preoccupato dall’avvento dei nuovi proprietari.

«Per niente, io sono quello che sono, non mi nascondo. Vorrei solo che non mi facciano perdere tempo. Se pensano che io sia la persona giusta e sono pronti a supportarmi, bene, sono sicuro che arriveremo in A, altrimenti ciao, arrivederci».

Ha incontrato Ferran Soriano, l’amministratore delegato del Manchester City.

«Un gigante. Sembrava un giocatore di basket. Parla italiano benissimo. Com’è andata? Benissimo. Una persona gradevole. Mi sono sentito libero di raccontarmi per quello che sono. Mi ha fatto i complimenti e mi ha chiesto: “Ma che hai fatto in quei sei anni in cui non hai allenato?”. Gli ho detto la verità, dei pastori siciliani, di Santa Rosalia. Ha capito chi sono, che la mia forza è la mia libertà».

 

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