Per noi Dries non ha sostituito Massimo il protagonista di Ferito a morte. Le occasioni mancate, i vitelloni napoletani. E poi anche lui se ne andò
Il ricordo di Raffaele La Capria è indissolubilmente legato al suo capolavoro, Ferito a morte. E il pensiero di Ferito a morte rimanda immediatamente a palazzo Donn’Anna. Che forse senza quel romanzo sarebbe egualmente bello ma un po’ meno celebre. È dentro quelle stanze invase da raggi di sole e affacciate sul mare che Massimo, il protagonista del romanzo, aspetta la bella giornata. E riflette sulle tante occasioni perdute. Dalla spigola che fugge via ad un amore non colto. Massimo viveva in una casa a palazzo Donn’Anna con un balconcino dal quale ci si poteva tuffare in mare. Una bella giornata era annunciata dai raggi di sole che, penetrando attraverso le imposte, invadevano la stanza. La bella giornata, che poi era una giornata qualunque. Nella quale non accade apparentemente nulla di fondamentale. Eppure si presentano tante occasioni.
Massimo stanco delle sue indecisioni e deluso dalle occasioni mancate alla fine decide di andare via. Più o meno come il protagonista de I vitelloni, il capolavoro di Federico Fellini che vide la luce qualche anno prima di Ferito a morte. “I giovani vitelloni napoletani si muovono sullo sfondo di un palazzo Donn’Anna assurto a simbolica ambientazione, un relitto incagliato nelle acque di Posillipo dove i giovani si immergono e la spigola profilata nell’azzurro resta immobile come sospesa”. Osserva magistralmente Davide Vargas. Per molti di noi è impossibile pensare a palazzo Donn’Anna senza pensare a Dudù la Capria ed a Dudù La Capria senza pensare a palazzo Donn’Anna.
Sembra che adesso a Napoli la narrazione intorno al ‘ bigio palazzo che si erge sul mare’, come lo definì Matilde Serao stia subendo una mutazione. E è nata un’altra inscindibile simbiosi. Quella tra Mertens e palazzo Donn’Anna. Non potendo molti tifosi napoletani pensare all’uno senza pensare all’altro. Insomma appare quasi in alcuni momenti che Dries debba sostituire il Massimo di La Capria. Con quella capacità dissacrante, magari involontaria, che è una delle caratteristiche dei napoletani. Ma quando è troppo è troppo.