Secoli di ragù domenicali vi hanno inflitto l’idea del legame indissolubile tanto in vita quanto sulla fascia sinistra. La vita è un varieté, come cantavano i veri vate del Sud
Cari amici napoletani,
Se – tra questi afosi giorni di verbosissimi peani e ringraziamenti copiosi per i centrali difensivi e le sottopunte cittadine che strapperebbero lacrime persino a Filomena Marturano – non c’è ancora chi ve l’abbia detto, mi permetto di confidarvelo io: la parte migliore di qualunque matrimonio è il suo divorzio.
Lo so. È difficile, quasi blasfemo, sostenerlo senza sentirsi un reietto carbonaro, in una città in cui la fiera della casa è ancora un evento (cui ho partecipato, decenni addietro, anche io, per carità). Quando si sceglie il top giusto per la cucina. Il legno perfetto per l’armadio in camera da letto. Quando si partecipa ai grandi happening allo stadio o alle conferenze stampa adibiti a salutare i nuovi campioni che finalmente vestono le maglie giuste, che vi confidano che amano le mozzarelle, i canili municipali, le canzoni di Pino Daniele. Ma dovete fare un po’ di sforzo, come Cardone, provare a credere che la realtà è assai meno vicina a una canzone di Nino D’Angelo e molto meglio raccontata da un monologo di Louis CK: “Il matrimonio è uno stato larvale della vera felicità, che è il divorzio. Il divorzio è per sempre. Forte come una quercia. Non si è mai sentito dire da qualcuno ‘Oh mio dio, il mio divorzio sta andando a rotoli!’”
Ora, io capisco – lo capisco perché vi sono fratello – che secoli di ragù domenicali vi hanno inflitto l’idea del legame indissolubile tanto in vita quanto sulla fascia sinistra, ma provate a farvi coraggio e ad ascoltare i sopravvissuti a tutto questo: la vita è un varieté, come cantavano i veri vati del sud del mondo, ed il re – recita infine la canzone – è uno solo. Il vostro.
Vi abbraccio,
R.