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«Schicchi voleva raccontare storie con i film, ma sapeva che gli spettatori guardavano solo i primi 10 minuti» 

Giulia Steigerwalt a La Lettura: «Era privo di tabù. La Pozzi e la Henger volevano mostrarsi libere, ma sono rimaste ingabbiate nel pregiudizio».

«Schicchi voleva raccontare storie con i film, ma sapeva che gli spettatori guardavano solo i primi 10 minuti» 

La Lettura, settimanale del Corriere della Sera, intervista Giulia Steigerwalt, la regista del prossimo film dedicato all’agenzia di Riccardo Schicchi, Diva Futura, che lanciò Moana Pozzi e Ilona Staller. Per ora sta scrivendo la sceneggiatura, girerà il film nel 2023.

Schicchi, morto a 59 per una grave forma di diabete, fu «il re dell’hard». Nato ad Augusta, in Sicilia, nel 1953, suo padre Giacinto era stato aviatore fascista, mentre la madre, Giuditta, era stata Miss Bellezza a Reggio Calabria. L’incontro con Ilona Staller fu determinante per lui. Nel 1983 i due fondarono a Roma, in un comprensorio sulla Cassia, Diva Futura, agenzia per modelle e modelli per il mercato, nascente e carico di potenzialità, della pornografia. Divenne la Hollywood del cinema porno italiano. Arrivarono a gestire tre locali. L’agenzia non sfuggì all’attenzione della magistratura: Schicchi e l’allora moglie Eva Henger furono condannati per sfruttamento della prostituzione, accusa sempre rispedita al mittente.

La Steigerwalt non ha ancora pensato al cast, fatta eccezione per l’attrice che interpreterà Moana, che sarà Greta Scarano. La regista parla di Moana Pozzi.

«Ho parlato a lungo con suo marito, mi ha raccontato molto di lei. La sua è la parabola più tragica, il finale che rende la diva eterna con la morte improvvisa, come accadde a Marilyn Monroe che adorava. Lei è il cuore della storia».

Morì a 33 anni, il 15 settembre 1994, all’Hôtel Dieu di Lione.

«Morì di tumore al fegato. Racconteremo il momento in cui cercò di cambiare carriera, abbandonare il porno, senza però rinnegare nulla. Si sentiva frustrata a non essere presa sul serio. Si buttò nella scrittura, pubblicò le sue memorie — La filosofia di Moana —, confidò nel successo del film Amami diretto da Bruno Colella, in cui aveva creduto molto come opportunità di rilancio. Il suo obiettivo era ricominciare a fare l’attrice per l’altro cinema. Fu un flop e per lei una grande delusione».

I personaggi maschili, nel film, saranno solo di contorno.

«Nella scuderia c’erano anche attori maschi, ma quel mondo del porno, a parte eccezioni clamorose come Rocco Siffredi, si basava sulle icone femminili. Pagate anche in certi casi fino a dieci volte i colleghi uomini».

Tra le figure centrali c’è Eva Henger.

«Una donna molto interessante. Ci siamo viste a Campagnano dove sta ancora il grande archivio di Schicchi e mi ha raccontato di quegli anni. Lei ha i diritti del catalogo dei film. Si sposò con lui nel 1994, stavano insieme da tempo. Lui ha adottato la figlia di lei, poi hanno avuto un bambino loro, Riccardo jr. La vedo come una grande storia familiare. Quando si sono lasciati sono comunque rimasti legati. Lei e il suo nuovo compagno lo hanno curato a casa loro, non l’hanno mai lasciato solo. Schicchi non voleva che lei facesse il porno, non per volontà di possesso ma per evitarle lo stigma».

Ma Eva Henger non lo ascoltò.

«Lei firmò un contratto solo per quattro film. Ma da quelli ne montarono ventotto. Nonostante le denunce non poté bloccare nulla. Tutte loro hanno vissuto l’illusione di potersi mostrare libere con il risultato di trovarsi, tragicamente, ingabbiate in un pregiudizio che le ha segnate. Pregiudizio su di loro e non sulla società che sfrutta, giudica, condanna».

Chi era secondo lei Riccardo Schicchi?

«Tutti quelli con cui ho parlato me lo hanno descritto come una persona priva di tabù, non concepiva l’idea che il senso del pudore di qualcuno condizionasse la vita di altri. Si dice che entrò dodicenne nella redazione della rivista Le ore per chiedere al direttore: perché non posso comprare in edicola il suo giornale? Si illuse di dare un racconto ai suoi film, scriveva la sceneggiatura, voleva che ci fosse una storia. Anche se sapeva bene che gli spettatori non andavano oltre il decimo minuto. Era contrario alla deriva violenta del porno. E scoraggiava la maggior parte delle ragazze che si presentavano a Diva Futura: solo quando percepiva un’adesione totale al progetto le scritturava».

 

 

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