Il suo ingresso ha cambiato il modo di muovere il pallone. Mentre Osimhen in spazi ristretti ha toccato 25 palloni – di cui 2 in area – e ha vinto un solo duello aereo
Una partita difficilissima
Come ha sottolineato Massimiliano Gallo nel suo commento postpartita, il Napoli non deve guardare male il pareggio colto a Firenze. È un discorso che vale anche dal punto di vista dell’analisi tattica. Per un motivo semplice, che contiene tantissime cose: per genetica e quindi per contrapposizione, la Fiorentina è – e sarà – uno degli avversari più ostici per la squadra di Spalletti.
Lo è stata a maggior ragione ieri. Lungo tutta una gara in cui è stato evidente il gap fisico legato alle diverse necessità di preparazione: Italiano ha dovuto presentare una squadra pronta per il preliminare di Conference League, al di là del mercato; Spalletti, invece, è ancora in fase di costruzione. Anche perché gli acquisti del Napoli sono arrivati tardi, cioè da poco, e quindi non hanno ancora la conoscenza dei meccanismi necessaria a incidere fin dal primo minuto senza stravolgere gli equilibri tattici della squadra. Non a caso, viene da dire, il tecnico toscano ha inserito i nuovi solo nella ripresa. Ed è quasi riuscito, con questi interventi, a prendersi i tre punti in palio
La partita di Firenze, soprattutto nel primo tempo, è stata difficilissima per il Napoli. La Fiorentina, infatti, ha iniziato fin da subito ad accorciare il campo in maniera ossessiva. Italiano ha preparato la gara in modo da pressare gli avversari praticamente a uomo sulla prima costruzione, ma in realtà il sistema difensivo della squadra viola è diverso da quello, per esempio, di Gasperini: il gioco delle coppie in marcatura non nasce da un preciso schema di assegnazioni, piuttosto dall’atteggiamento complessivo. Dal fatto che la difesa, il centrocampo e l’attacco tengano una posizione altissima quando gli avversari avviano l’azione da dietro.
Sei uomini più uno, appena visibile in basso a destra, nella metà campo del Napoli. È una possibile definizione visiva del concetto pressing feroce.
Alcuni accoppiamenti, primo tra tutti quello tra Amrabat e Lobotka, sono stati ovviamente studiati preventivamente da parte del tecnico della Fiorentina. Anche perché tutte le volte che lo slovacco riusciva a staccarsi dal suo custode, veniva chiuso immediatamente da un altro giocatore in maglia viola – Jovic oppure una delle due mezzali. Per cercare di costruire in maniera pulita nonostante la pressione degli avversari, il Napoli ha finito per schierarsi a specchio con gli avversari, cioè di disporsi secondo lo schema 4-3-3/4-5-1. Zielinski, rispetto alla gara contro il Monza, è venuto a giocare molto più indietro, non ha avuto modo di muoversi come sottopunta:
In alto, con il Napoli che attacca da destra a sinistra, tutti i tocchi di Zielinski contro il Monza; sopra, invece, tutti i palloni giocati dal polacco contro la Fiorentina, e il Napoli attacca da destra a sinistra. La differenza è evidente.
L’aggressività manifestata sul primo pressing da parte della Fiorentina si riverberava anche nell’atteggiamento dei difensori: sia Milenkovic che Martínez Quarta hanno continuamente accorciato in avanti, spezzando la linea per togliere profondità a Osimhen, Lozano, Kvaratskhelia. In questo modo, la squadra di Italiano ha disinnescato anche l’arma del gioco in verticale, del lancio lungo. Quando poi il Napoli riusciva a superare la prima linea di pressione, la Fiorentina si ricompattava velocemente dietro la linea della palla, chiudendo in maniera ordinata gli spazi. Non a caso, viene da dire, il baricentro medio dei viola non è risultato essere molto in alto, come suggerirebbero le sensazioni visive della gara: il dato di 49,65 metri registrato dalla Lega Serie A rientra nella normalità.
Ne è venuto fuori un primo tempo equilibrato, senza grandi emozioni. La Fiorentina, infatti, ha utilizzato la sua aggressività per difendersi, più che per attaccare. Fin quando ha retto, la squadra di Italiano ha effettivamente limitato il Napoli: una sola conclusione tentata dagli azzurri, per altro respinta, fino al minuto 40′. Poi l’intensità dei viola è inevitabilmente calata, e allora gli azzurri sono riusciti a scoccare tre conclusioni negli ultimissimi minuti della prima frazione. Dall’altra parte, stessi numeri grami: in tutto il primo tempo, la Fiorentina ha tirato solo 3 volte verso la porta di Meret. Tra l’altro, si è trattato di conclusioni tutte piuttosto mosce, non pericolose.
Il cambio di passo e di modulo
La sensazione, riguardo alla Fiorentina, è che la macchina di pressing e costruzione da dietro creata da Italiano difetti di inventiva e qualità in fase offensiva. Ai viola sembra mancare soprattutto la capacità di creare pericoli senza passare per le fasce. Nel primo tempo, non a caso, gli unici 2 passaggi chiave serviti da un giocatore viola, il sontuoso Amrabat, sono partiti dal centro per aprirsi sugli esterni. Da lì sono arrivate le conclusioni di Bonaventura e Sottil, che hanno fatto il solletico a Meret.
Il Napoli, insomma, non ha sofferto in fase difensiva. Non ha sofferto quando la Fiorentina sembrava più pimpante e ha gestito l’andamento della gara tenendo il pallone – fino alla mezz’ora il dato grezzo del possesso era favorevole ai viola: 57%-43%. E in realtà non ha sofferto nemmeno nella ripresa, quando ha provato a cambiare passo, quando la Fiorentina ha iniziato a rallentare un po’ e allora le distanze in campo si sono allungate. Anzi, questa nuova situazione ha finito per favorire la squadra azzurra, che proprio in campo lungo – e con un rilancio lungo – ha costruito l’occasione più nitida della partita:
Il Napoli decide di saltare il centrocampo e giocare sulla seconda palla. Lo strappo di Zielinski è decisivo, ma gli spazi si aprono per il modo in cui la squadra di Spalletti costruisce l’azione.
Il colpo di testa fallito da Lozano arriva al termine di un segmento di partita, i primi cinque minuti della ripresa in cui il Napoli ha creato diverse occasioni. Addirittura 4 conclusioni dall’interno dell’area di rigore. Il fatto che gli azzurri non siano riusciti a sfruttare questo momento favorevole e a portarsi in vantaggio, anche per le imprecisioni in fase di rifinitura, ha spinto Spalletti a cambiare la sua squadra. A farlo in maniera radicale, con l’ingresso di Elmas e Raspadori e il passaggio al 4-2-3-1/4-4-2. L’arrivo dell’attaccante ex Sassuolo ha riscritto completamente il software della fase offensiva del Napoli. E basta osservare il campetto dei suoi palloni giocati per rendersene conto:
Al limite dell’area, ma anche un po’ più indietro
Questa immagine dice tutto ciò che c’è da sapere: fin da quando è entrato in campo, Raspadori ha iniziato a legare il centrocampo e l’attacco del Napoli muovendosi a pendolo, dietro e tra le linee della Fiorentina. Non ha giocato da seconda punta pura, piuttosto da trequartista-sottopunta con attitudini diverse rispetto a quanto ha fatto – o avrebbe potuto fare – Zielinski. Non potrebbe essere diversamente, dopotutto parliamo di un calciatore con una struttura fisica particolarissima, che ricorda un po’ quella di Dries Mertens per capacità di ricevere il pallone, coprirlo e poi girarsi fronte porta. Lo ha spiegato lo stesso Spalletti nel dopopartita: «Raspadori è entrato bene. È un attaccante bravo a ricevere palla tra le linee. Il passaggio addosso lui non lo soffre. E non va in difficoltà perché ha il baricentro basso e forza nel girarsi su se stesso e nel gestire la palla».
La presenza di Raspadori ha cambiato completamente anche il modo di muovere la palla, da parte del Napoli. Pur nel contesto di una seconda frazione di gioco in cui la squadra di Spalletti ha tenuto di più il pallone (dato grezzo del 57%), gli azzurri hanno aumentato il numero di passaggi destinati nell’ultimo terzo di campo rispetto al primo tempo, da 53 a 70; inoltre, il pallone è passato meno dai due difensori centrali, Rrahmani (53 tocchi nel primo tempo, 42 nella ripresa) e Kim Min-jae (31 tocchi nel primo tempo, 29 nella ripresa).
Un altro Napoli
La presenza di un sottopunta ha avuto un impatto anche sul numero di conclusioni: il solo Raspadori ne ha tentate due, entrambe pericolose. Un altro cambio, quello tra Lozano e Politano, ha poi dato al Napoli maggiore vivacità sull’out destro, sempre però con le caratteristiche dell’ex Inter e Sassuolo, un calciatore che tende inevitabilmente a convergere per rientrare sul piede forte. Proprio da una combinazione tra Politano e Raspadori, quindi tra queste nuove dinamiche tattiche, è nata l’occasione più nitida costruita dal Napoli nella seconda parte ripresa, dopo i cambi:
Buon pressing, buona costruzione, buon taglio esterno-interno di Politano. Raspadori è bravissimo a tirare un istante, anzi subito dopo lo stop.
Non sfugga il fatto che, nel momento in cui il Napoli confeziona questa manovra, Spalletti ha già sostituito anche Lobotka con Ndombélé. E che il centrocampista francese ex Tottenham partecipa all’azione, anche se in maniera elementare. Si potrebbe dire che questo tiro di Raspadori è un possibile manifesto politico del Napoli alternativo che Spalletti ha già in mente, su cui il tecnico toscano ha iniziato già a lavorare: una squadra in cui non c’è bisogno di un regista cerebrale alla Lobotka. Una squadra che sa e vuole esplorare la verticalità senza rinunciare all’ampiezza, che sfrutta il centravanti come creatore di spazio. Insomma, una squadra che potrebbe risolvere il problema vissuto a Firenze – e anche in altre partite delle ultime due stagioni – da Victor Osimhen.
Osimhen senza campo
Quando una squadra decide di difendere e costruire gioco in un campo piccolo, finisce per restringere gli spazi anche ai suoi avversari. Se questi avversari hanno un centravanti come Victor Osimhen, questo centravanti finisce inevitabilmente per vivere delle difficoltà. Basta riguardarsi le statistiche dell’attaccante nigeriano per capire cosa intendiamo: a Firenze, Osimhen ha messo insieme 2 soli tiri verso la porta di Gollini, entrambi ribattuti da un difensore avversario, 25 palloni toccati – di cui appena 2 in area di rigore avversaria – e un solo duello aereo vinto. Poco, anzi pochissimo.
In queste nostre analisi non c’è – non può esserci – spazio per parlare di presunte influenze mentali legate alle voci di calciomercato, visto che non si tratta di evidenze tattiche o numeriche. E allora la prova sottotono di Osimhen va raccontata e discussa dal punto di vista strategico. Parlano di campo. Si parte dalla definizione che abbiamo già usato per descrivere il gioco della Fiorentina: la squadra di Italiano ha accorciato il campo in maniera ossessiva, togliendo a Osimhen ogni possibilità di far valere il suo sprint, la sua forza brutale in spazi aperti. Come se non bastasse, l’attaccante nigeriano è stato seguito per la maggior parte del tempo da Nikola Milenkovic. Vale a dire uno dei pochi difensori in Serie A in grado di reggere il confronto con lui, sia dal punto di vista del contatto fisico che della velocità pura.
Tutti i palloni giocati da Osimhen: sono stati pochissimi i tocchi in zone offensive pericolose, anche solo potenzialmente
Questo cocktail di situazioni, come si vede dal campetto appena sopra, ha costretto Osimhen a rinculare molto pur di giocare il pallone. Pur di poter essere utile alla sua squadra. Il suo contributo – 13 passaggi totali con una percentuale di accuratezza del 69.2% – è stato basico per non dire esiguo, e il gol annullato giustamente per fuorigioco nel primo tempo non può bastare a controbilanciare una prova così povera.
È evidente che il Napoli non affronterà molti altri avversari come la Fiorentina, ovvero una squadra pensata e costruita per difendere aggredendo senza concedere ampi spazi – una situazione che, per esempio, si determina con squadre che praticano la marcatura a uomo di tipo fisso. Allo stesso tempo, però, Spalletti deve trovare una soluzione per sfruttare le qualità di Osimhen anche in gare del genere. Oppure deve dare al suo centravanti gli strumenti per essere incisivo anche contro avversari di questo tipo.
In questo senso, il 4-2-3-1 puro con Raspadori sottopunta può essere una soluzione. Perché costringerebbe inevitabilmente la squadra avversaria ad allungarsi, a staccare un uomo dal centrocampo per coprire sull’ex attaccante del Sassuolo. A quel punto, Osimhen cambierebbe mansione: da unico finalizzatore in zona centrale si trasformerebbe in una sorta di apriscatole delle difese avversarie. Accanto a lui, negli spazi aperti dal suo fisico e dalla sua sola presenza, potrebbe inserirsi Raspadori. Oppure Simeone, altro potenziale partner. Così come potrebbero muoversi con più libertà gli esterni offensivi. Insomma, sarebbe un modo per ovviare ai problemi creati dalle squadre che tolgono campo a Osimhen. Che hanno il coraggio, gli strumenti – cioè l’allenatore giusto – per provarci. E per farcela.
Conclusioni
Spalletti ha preparato la partita di Firenze in modo di vincerla alla distanza. Forse il tecnico azzurro confidava in un calo fisico che i suoi avversari di turno, in realtà, hanno accusato solo in alcuni frangenti della gara. Non certo negli ultimi minuti della ripresa, quando, nell’allungamento delle distanze in campo dovuto alla stanchezza da partita, la Fiorentina sembrava avere la stessa quantità di energia della squadra azzurra.
Nonostante la mancata vittoria, però, le indicazioni restano positive. Il Napoli continuerà a soffrire – almeno dal punto di vista offensivo – contro avversari così organizzati in tutte le fasi di gioco, ma sta già studiando metodi alternativi per compensare questo suo bug di sistema. Molto dipenderà dall’inserimento dei nuovi acquisti, di calciatori che sono stati comprati proprio per questo: per offrire alternative coerenti con l’identità di gioco che Spalletti ha impresso a questa squadra.
Anche in virtù di questi lavori inevitabilmente in corso, il punto conquistato al Franchi ha e avrà un certo peso. Anche perché il Napoli ha mostrato di essere davvero granitico in difesa: pur subendo il gioco degli avversari per alcuni segmenti della gara, le occasioni nitide concesse alla Fiorentina sono state poche. Anzi, si può dire pochissime: alla fine la Viola ha chiuso la gara con 10 conclusioni complessive, di cui solo 5 in porta; inoltre la chance più grossa, vale a dire il tiro di Barak dall’interno dell’area nella ripresa, sarebbe stata vanificata dal fuorigioco dell’ex Verona. Le fondamenta su cui costruire il futuro – immediato e a breve termine – sono solide, la rosa è vasta e i margini di crescita sono evidenti. A volte anche uno 0-0 può contenere tutte queste buone notizie, tutte insieme.