Già dai primi fotogrammi si entra nella realtà come un bisturi nella ferita. Nessun finale glorioso, ma una vita che nonostante i responsi precari e finali urla di vivere
Ricordo le gimkane che feci per vedere “Non essere cattivo” il film postumo di Claudio Caligari – terzo della trilogia; in un’Italia ancora senza la scelta degli streaming –: lo dava il Cinema Farnese a Roma a Campo dei Fiori, ed io – per non perderlo – stavo mancando il treno che mi riportava a Napoli…
Il film fu anche il candidato dall’Accademy italiana all’Oscar e fu prodotto e terminato dall’ottimo intellettuale-attore Valerio Mastandrea e la sceneggiatura di Caligari fu completata da Francesca Serafini e Giordano Meacci, con la fotografia di Maurizio Calvesi ed i costumi di Chiara Ferrantini. Ora lo ripropone Raiplay ed ho deciso di rivederlo perché mi sono accorto che non lo avevo recensito.
Già dai primi fotogrammi si entra nella realtà – Ostia 1995 – come un bisturi nella ferita.
Due ragazzi Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi) sono fratelli siamesi nel vuoto spinto di un lungomare mai estivo – “non guardare troppo il mare che pensi troppo” – tra puncicature di siringhe malate di spade e rincorse alle piotte. Droga, spaccio: divertimenti che non divertono figli della noia insopportabile perché figlia di dolori privati. Vittorio sembra non avere nessuno, Cesare ha una madre stanca che accudisce Deborah la figlia della sorella drammaticamente scomparsa. Cosa porta questa cognizione del dolore? Al nulla perché ad Ostia nel sottoproletariato – senza neanche figli, né lavoro – non si riesce a vedere al di là del proprio naso e si preferisce l’ottundimento chimico.
La forza della vita ha la faccia di Viviana (Silvia D’Amico) – giovane ragazza-madre senza marito che ha pochi soldi – “ma sentiamo molte cose” – che cerca di fare cambiare direzione a Vittorio, facendolo lavorare. Vittorio in questa proprietà transitiva del possesso amoroso cercherà di farla cambiare a Vittorio che ha il suo sogno in Linda (Roberta Mattei) la ex di Vittorio.
Nessun finale glorioso, ma una vita che nonostante i responsi precari e finali urla di vivere: non essere cattivo…