Il precampionato lascia molti dubbi, a partire dalla fase realizzativa e dal modulo. Perché organizzare in piazza il summit col Sassuolo se la distanza era incolmabile?
Il precampionato del Napoli è finito. E con esso le amichevoli. Che per quanto poco valgano delle indicazioni certamente le danno. Un dato sembra essere incontrovertibile. La squadra azzurra manifesta grande fatica in zona offensiva. Con Osimhen che resta imbottigliato isolato com’è al centro dell’attacco. Anche privo dei cross necessari ad esaltare le sue doti di colpitore di testa. I due esterni poi manifestano scarsa efficacia realizzativa. Anche lo stesso Kvaratskhelia, giocatore di ottima caratura tecnica e fisica, non appare esattamente un goleador.
Aggiungiamo a questo che Fabian e Zielinski, i due uomini di centrocampo più portati a concludere, non sembrano, e forse giustamente vista la scarsa continuità di rendimento, al centro del progetto di Spalletti. Se aggiungiamo il rebus del portiere e un Kim che ancora bisogna capire quanto valga non possiamo che nutrire seri dubbi sulla competitività della squadra. Per la quale, sic stantibus rebus, guadagnare un posto in Champions potrebbe rivelarsi impresa molto ardua.
Il tecnico ha fino ad ora puntato sul 4-3-3. E la cosa preoccupante è la mancanza di giocatori adatti a implementare un modulo alternativo. Insomma la squadra sembra ancora incompleta. E se le cose stanno così ad otto giorni dall’inizio del campionato c’è poco da stare allegri. La nota positiva è che il Presidente, scottato dalla cocente delusione del caso Raspadori, sembra sul pezzo. Alla ricerca di quel paio di colpi che restituirebbero serenità a Spalletti ed entusiasmo ad un pubblico deluso.
P.S. Un dubbio. Ma perché organizzare a Rivisondoli un summit con la dirigenza del Sassuolo sotto i riflettori dei media se le parti erano tanto lontane dall’accordo? Possibile che Giuntoli dopo mesi di contatti non fosse venuto a capo delle pretese del Sassuolo?