Il Napoli piace solo se simpatico perdente. La verità è che CR7 sarebbe un razionale colpo di mercato in una programmazione seria e lungimirante
Mentre scriviamo non si conosce ancora l’esito della ricerca di una squadra che giochi la Champions League da parte di Cristiano Ronaldo.
Tra le papabili, oramai lo sappiamo tutti (anche se chi legge il Napolista lo ha saputo con ampio anticipo) c’è o c’è stata anche il Napoli.
È stato molto interessante seguire, questa estate, il mercato del Napoli e, contemporaneamente, ascoltare il racconto che tifosi, stampa e TV ne hanno fatto.
I fatti sono che il Napoli ha lasciato andare via, a vario titolo, Ospina, Insigne, Mertens, Koulibaly, Petagna, Ghoulam e, da ultimo, Fabian Ruiz. Al contempo sono arrivati Kvaratskhelia, Raspadori, Kim, Ostigard, Simeone, Olivera e Ndombele.
Un mercato serio, oculato, potremmo dire lungimirante che ha consentito di ridurre il monte ingaggi e addirittura di aumentare la qualità. Con qualche scommessa, certo, come sempre accade quando si inizia una nuova avventura.
Per il fantastico (o alieno?) mondo dei commentatori, però, il Napoli si era ridimensionato, era fuori dai giochi per lo scudetto ancor prima di scendere in campo. Una parte del tifo, come sempre impegnata a contestare la società, invidiava il mercato del Monza, mentre non c’è stato giornale o TV che non abbia rimarcato il deficit di personalità e di esperienza lasciato da chi è andato via.
Dopo l’inizio scoppiettante, con le scoppole rifilate a Verona e Monza, però, qualcosa è cambiato. Il Napoli è tornato ad essere raccontato come una pretendente al titolo, complici anche le evidenti strategie fallimentari delle altre squadre italiane che, con l’eccezione del Milan, hanno puntato tutto sull’esperienza, che tradotto vuol dire giocatori molto in là con l’età, per forza di cose soggetti ad infortuni e lenti recuperi, soprattutto quando si portano dietro problemi fisici noti da tempo.
Così, mentre nell’elenco dell’infermeria finivano i vari Pogba, Di Maria, Bonucci, Lukaku, Wijnaldum (lui molto sfortunato in verità), la new wave del Napoli ha iniziato ad apparire per quella che è: il frutto di una seria e professionale programmazione che ha portato in azzurro calciatori giovani e pronti. Il Napoli, in poche parole, ha messo su proprio una bella squadra.
A questo punto della storia ha fatto irruzione, su tutti i media nazionali, la possibilità che Ronaldo finisse in azzurro ed è straordinario che gli stessi che dieci giorni prima individuavano nella mancanza di esperienza il principale difetto del Napoli si siano affannati nello sconsigliare o addirittura condannare senza appello l’ipotesi di uno scambio Osimhen-Ronaldo.
Problemi di spogliatoio, di posizione in campo, di rendimento, problemi di modulo e tattici hanno cominciato a sgorgare dalle pagine dei giornali e dalle voci dei commentatori in tv.
Problemi, diciamoci la verità, inventati di sana pianta. Il Napoli ha una squadra giovane, senza prime donne. Se qualcuno si fosse preso la briga di domandare a Kim o a Raspadori o a Kvaratskhelia come si sente all’idea di avere Ronaldo come compagno di squadra sono certo che avrebbe avuto risposte entusiaste ed elettrizzate, come ha detto il suo connazionale Mario Rui e come è emerso chiaramente dalle parole di Spalletti.
Parliamo di uno dei giocatori più forti e titolati della storia del calcio. Antipatico finché si vuole, sicuramente avanti con l’età, ma indubitabilmente forte. Certamente in grado di portare con sé esperienza e personalità in quantità incommensurabilmente superiore a quella che se n’è andata insieme a Insigne e Koulibaly.
Il Napoli lo avrebbe preso (o potrebbe ancora prenderlo) senza sborsare cifre astronomiche come invece fece la Juventus (che ancora si deve riprendere), lo avrebbe utilizzato come punta di diamante di una squadra giovane ed equilibrata, in grado di correre un po’ di più per supportarlo. In caso di scambio con Osimhen l’unica incognita era: avrebbe reso di più Cristiano Ronaldo o Victor Osimhen nella stagione 2022/23? Domanda plausibile, per carità, visto che il nigeriano potrebbe esplodere. Ma, appunto, potrebbe, mentre nulla lascia immaginare che il 5 volte pallone d’oro, reduce da una stagione in cui ha segnato, in una squadra mediocre, 24 gol tra Premier League e Champions, si stia per trasformare in un brocco.
Vada come vada le certezze sono due:
la prima è che il Napoli è una società seria, senza debiti, che da anni è al vertice in Italia e che è stata in grado di operare, di nuovo, un ricambio generazionale intelligente e promettente;
la seconda è che per i media e i commentatori italiani e, purtroppo, anche per una parte del tifo napoletano, il Napoli è condannato ad essere una simpatica perdente, portatore di una presunta diversità che si traduce in agognata superiorità morale e certificata inferiorità in classifica.
Solo così si spiega il fatto che il 30enne Pogba e il 35enne Di Maria, entrambi con stipendi intorno ai 12 milioni di euro annui, siano stati raccontati come grandi colpi in grado di portare la Juventus a vincere il titolo, mentre Ronaldo al Napoli, con una spesa molto inferiore, sembra essere più simile all’invasione delle cavallette che ad un colpo di mercato.