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Si può dire che Kvaratskhelia sembra un calciatore forte e che emoziona?

Non vorremmo interrompere i canti funebri ma il calcio del georgiano è una delizia. Guai a sognare, la parola d’ordine è: “dobbiamo vederlo in campionato”.

Si può dire che Kvaratskhelia sembra un calciatore forte e che emoziona?

Chiediamo scusa se interrompo l’epicedio dei tifosi del Napoli per la partenza di Ciro (sarà cittadino onorario, che emozzzione) e la distruzione del Napoli da parte dell’orco De Laurentiis che ha osato smantellare una squadra anziana e che da anni era fedele al motto: “occhi pieni e mani vacanti”. Eppure tanto tempo fa il perditempo dei tifosi non era riempire di contumelie i rappresentanti della propria squadra. Si viveva il calcio in maniera diversa. Probabilmente meno consapevole, direbbero i benpensanti. Noi fessacchiotti utilizzavamo il calciomercato per fantasticare sui calciatori in odore di Napoli o che poi effettivamente venivano acquistati. Ci si armava di bloc notes, ma andava bene anche un quadernetto, e si scriveva la formazione. Dall’1 all’11: l’epidemia della tattica, con i suoi numerini, non era ancora esplosa.

Magari qualcuno veniva acquistato i primi giorni di calciomercato ed era possibile vederlo all’opera in quelle partite decisamente poco competitive. Un tempo il precampionato era zeppo di incontri inutili. Il Napoli disputava a Ferragosto la prima vera amichevole, al San Paolo, in genere contro una importante squadra straniera.

Spesso, va detto, alle meraviglie estive seguivano delusioni autunnali. Ma nell’età in cui i tifosi erano decisamente meno biliosi, si sarebbero trascorse serate intere a fantasticare sulle potenzialità del georgiano dal nome impronunciabile. Che si piazza lì, largo, sulla sinistra e slalomeggia con lo stile demodé degli anni 80 quando i paletti non erano ancora snodabili. Oseremmo dire alla Popangelov bulgaro dell’epoca. Kvaratskhelia è un’iradiddio. Impossibile resistere alla seduzione del suo calcio. Contro il Girona Spalletti l’aveva fatto accomodare in panchina perché affaticato. Poi Politano si è fatto male e il georgiano è entrato in campo.

Era un’amichevole, ok. Ma abbiamo rivisto cose dimenticate. Il superamento dell’avversario come religione monoteistica. Il dribbling come unica e sola ragione di vita. Quel contropiede con tunnel all’avversario che gli veniva incontro per fermarlo. Il sombrero di destro in area per poi concludere di sinistro di poco a lato. E poi quella decisione su calcio di rigore: lo batto io. Col piglio di Beccalossi ma con un altro esito. Portiere a destra, pallone a sinistra.

“Eh ma andiamo piano. Vogliamo vederlo nelle partite vere”. È giusto per carità, ma per tanti è solo un modo per continuare a stare male e recitare il ruolo delle prefiche. Vuoi vedere che in questo clima da Titanic, invece il Napoli ha imbroccato un acquisto pazzesco? Non sia mai. E che ce ne faremmo dei nostri vestiti neri?

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