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Domenicali: «In Formula Uno benzine sostenibili, ma non si può passare all’elettrico dalla sera alla mattina»

L’ad della Formula Uno a La Stampa. «I 100 anni dell’Autodromo? Non si vive solo di storia. Servono piani chiari di sviluppo e investimenti»

Domenicali: «In Formula Uno benzine sostenibili, ma non si può passare all’elettrico dalla sera alla mattina»
Spielberg (Austria) 10/07/2022 - gara F1 / foto Press Office Scuderia Ferrari/Image Sport nella foto: Carlos Sainz

La Stampa intervista Stefano Domenicali, nominato due anni fa amministratore delegato della Formula 1. Di seguito un estratto dell’articolo.

Il virus ha rappresentato anche una grande emergenza economica: oggi come sta il circus?

«La piattaforma commerciale è solida, dovevamo dare certezze sui conti alle squadre e ci siamo riusciti. Non c’è mai stato un interesse simile da parte della finanza. Sette squadre su dieci sono basate in Inghilterra e lì il sistema F1 vale 8 miliardi. Per ogni Gp lavorano tra 8 e 10 mila addetti e in quella settimana l’indotto crea una ricaduta che va da 100 ai 150 milioni».

L’Autodromo festeggia i 100 anni di storia. Qual è il futuro del Gran premio d’Italia?

«Non si vive soltanto di storia. Servono piani chiari di sviluppo e investimenti. Ringrazio il presidente dell’Aci Sticchi Damiani, ma ora c’è bisogno di cambiare marcia per migliorare le infrastrutture e non avere sempre i problemi dell’ultimo minuto. È una gara che merita di essere in calendario, serve stabilità. Lo dico da italiano che ha una posizione a livello internazionale».

La crescita della Formula 1 attira nuovi soggetti: Audi entra come fornitore di motori a partire dal 2026, perché tarda l’annuncio di Porsche?

«Porsche ha partecipato ai tavoli di discussione sui nuovi regolamenti. Sono previste novità nelle prossime settimane. Intanto, altri costruttori stanno discutendo di un loro ingresso».

Come affrontate la questione inquinamento?

«Noi giriamo in pista perché fa parte del nostro sport, ma molti non sanno che utilizziamo i motori a combustione più efficienti del mondo, che sfruttano il 52 per cento dell’energia impiegata. Consumiamo in un weekend quello che in altri contesti si consuma in neanche un’ora. Domenica scorsa a Zandvoort c’erano 350 mila persone che in gran parte si sono spostate in treno o in bicicletta».

I grandi eventi però sono sotto processo: costano molto, inquinano. In Italia c’è stata un’estate di polemiche.

«Abbiamo puntato sulla sostenibilità, che è il primo tema di cui si discute di fronte agli investitori. Oggi si va verso l’ibridazione, con benzine sostenibili. Una direzione che può muovere tutta l’industria. Il concetto chiave è la transizione: non si può pensare che due miliardi di auto possano essere fermate e che di colpo si passi all’elettrico. I cambiamenti culturali non si fanno da mattina a sera».

Quanto sta impattando su di voi l’aumento dei costi dell’energia?

«In modo significativo. L’impatto più forte quest’anno è sulla logistica. In alcune tratte abbiamo visto triplicate le spese e la flotta legata ai cargo, da marzo, si è dimezzata da mattina a sera. Avevamo previsto un aumento di prezzi del 6per cento, in alcuni Paesi, penso all’Inghilterra, sono saliti anche del 12 per cento».

Come sono i rapporti con i governi?

«La nostra credibilità viene dai fatti. Quando si parla, punzecchiandoci, dei Gran Premi in Paesi che fanno fatica ad
evolversi dal punto di vista culturale o dei diritti umani, si dimentica che la Formula 1 è una lente di ingrandimento che accelera certi percorsi di crescita. Credo che stia succedendo in tutti i Paesi discussi in cui corriamo».

La soglia di attenzione del pubblico, specialmente quando si parla dei mezzi di comunicazione tradizionali, si è molto abbassata. Come affrontate questo tema?

«Abbiamo aperto piattaforme social, usiamo narrative e linguaggi diversi per clienti diversi. Netflix ci ha permesso di approcciare un formato nuovo che ci aiuta a crescere. Abbiamo cominciato a cambiare il formato del fine settimana con le gare sprint, per creare un evento anche il venerdì».

Alla geopolitica della F1 manca una gara in Africa.

«Ci stiamo lavorando, è l’unico continente ancora non rappresentato. Abbiamo l’obiettivo di riportarlo in calendario
con una certa stabilità in Sud Africa. Ma abbiamo richieste da tutto il mondo: il nostro problema è dover scegliere dove andare».

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