Il docente a Coverciano di Allegri e Pioli alla Gazzetta: «Non ho abbonamenti per seguire le partite in diretta. Mi accontento della Domenica Sportiva e delle emozioni della radio»

A Coverciano è stato l’insegnante di Allegri e Pioli, perciò la Gazzetta dello Sport intervista Romeo Benetti prima della sfida tra i due tecnici di Milan e Juventus. Di seguito alcune delle sue risposte.
Lei è nato nel 1945, il 20 ottobre come Pioli che ha vent’anni di meno e quindi potrebbe essere suo figlio: come lo ricorda da studente?
«Non sapevo di questa coincidenza di date. Stefano era molto attento ai corsi, non si perdeva una lezione, seguiva tutto e quando parlava lui gli altri stavano zitti e lo ascoltavano, perché non diceva mai banalità. Si può dire che aveva già allora il piglio del leader che gli viene riconosciuto oggi. Io ho giocato con Scirea e, ripensando a lui, Stefano gli assomigliava caratterialmente, perché per essere leader non è necessario fare tanti discorsi».
Immaginava che potesse diventare un grande allenatore?
«I presupposti c’erano tutti, ma poi non basta essere bravi. Bisogna anche vedere dove trovi. Lui è sempre stato bravo e soprattutto ha avuto pazienza di aspettare che arrivasse il suo momento, perché avrebbe meritato di vincere uno scudetto prima».
Allegri, invece, com’era sui banchi di Coverciano?
«Era molto diverso rispetto a Pioli, direi meno attento. Sembrava che avesse qualcosa meno rispetto a lui. Pensava che fosse tutto facile, forse perché come giocatore non aveva avuto grandi difficoltà, ma il calcio è più complesso di come sembra perché è fatto di molte sfumature».
Una volta ci disse che non guardava le partite in tv, conferma?
«Confermo, perché non ho abbonamenti per seguirle in diretta e mi accontento di vedere le sintesi nella “Domenica Sportiva”. Però non mi perdo le emozioni della radio e ascolto sempre “Tutto il calcio minuto per minuto”».
Un’ultima curiosità: perché uno come lei che ha partecipato anche al Mondiale in Argentina con l’Italia di Bearzot e ha fatto il docente a Coverciano, non è diventato allenatore?
«Semplice: perché mia moglie non ha voluto. Troppo stress. Vuole mettere la pace e la tranquillità che c’è qui sulle colline di Chiavari?».