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La moglie (italo-francese) di Gundogan: «A Manchester il cibo fa schifo»

Lo racconta il Corriere. Puntuale è arrivata la risposta degli inglesi: «i calciatori e le rispettive consorti tendono a limitarsi a una manciata di ristoranti instagrammabili»

La moglie (italo-francese) di Gundogan: «A Manchester il cibo fa schifo»
2022 - Uefa Nations League / Germania / foto Imago/Image Sport nella foto: Ilkay Gundogan ONLY ITALY

Trovano spazio sull’edizione odierna del Corriere della Sera le critiche della moglie di Ilkay Gundogan, Sara Arfaoui, modella e influencer italo-francese, sul cibo di Manchester. La cosa è partita dai social.

Il miglior ristorante? «Mi dispiace, ma in tutta onestà — ha sottolineato su Instagram ai suoi 500 mila follower — qui non c’è nulla. È tutto orrendo. Ho provato a trovare un buon ristorante, ma non c’è un italiano vero o buon sushi o anche solo cibo fresco… È tutto surgelato. I ristoranti si concentrano sul far soldi con le bevande, sono locali notturni, non puntano sul cibo di qualità. Forse a Londra sì, ma a Manchester niente».

Anche la moglie di Di Maria, prima di quella di Gundogan, non aveva avuto belle parole per la cucina britannica.

Parole che sono sembrate una provocazione per i protagonisti della scena culinaria made in Britain, anche perché seguono a ruota le critiche di Jorgelina Cardoso, altra moglie di un calciatore (suo marito, Angel Di Maria, è stato un centrocampista del Manchester United). Manchester, ha detto, non le è piaciuta neanche un po’. «La gente è strana. Cammini in giro e non sai se stanno per ucciderti. Il cibo è disgustoso».

Il Corriere riporta anche le risposte degli inglesi.

Possibile che in una città battezzata il motore dell’Inghilterra settentrionale non ci sia un ristorante passabile? Per il critico Jay Rayner, i commenti delle due signore sono assolutamente infondati. «Assurdi», ha precisato. «Manchester è piena di ristoranti indipendenti che sono fantastici. Per quanto riguarda la cucina, è un tesoro di città».
Per Ben Chaplin, alla guida dell’apprezzatissimo gastropub Black Friar, il problema è che calciatori e rispettive consorti tendono a limitarsi a una manciata di ristoranti «instagrammabili», spettacolari, quindi, inusuali, dove il cibo però non è sempre una priorità. «Sono posti dove vai per dire guarda dove sono, non per mangiare bene».

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