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Pozzecco: «Il basket privilegia quelli alti, è uno sport razzista» 

«Tratto tutti come se fossero star, anche il magazziniere. Questo crea un benessere generale. Come allenatore sono anomalo: voglio continuare a divertirmi».

Pozzecco: «Il basket privilegia quelli alti, è uno sport razzista» 
Db Milano 08/09/2022 - EuroBasket 2022 / Gran Bretagna-Italia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianmarco Pozzecco

Il commissario tecnico della Nazionale di basket italiana, Gianmarco Pozzecco, ha tenuto una lezione agli studenti dei due «executive Master di giornalismo sportivo e management dello sport» di Rcs Academy. Il Corriere della Sera ne riporta alcuni stralci. Come la parte in cui Pozzecco definisce il basket uno sport “razzista” perché privilegia i giocatori alti.

«Il basket privilegia quelli alti, è uno sport razzista. io sono figlio di un ottimo giocatore, un due metri, poi diventato allenatore. La mia mamma era invece piccola. Prima sfortuna: ho preso dalla mamma. Ero piccolo, sono rimasto piccolo, giocavo a calcio. Ma anche a basket, mi piaceva un sacco. Dovevo scegliere: calcio o basket. Papà una sera mi butta lì: “Allora caro Gianmarco, ho saputo che hai scelto di giocare a calcio…”. Ma no, ho scelto il basket. E quale è stata la mia fortuna? Ho sempre privilegiato il divertimento, l’aspetto ludico inventandomi ogni volta un modo diverso di giocare a basket».

«Il basket privilegia quelli alti, è uno sport razzista»

Pozzecco ha parlato della sua particolare e anomala esperienza da allenatore.

«Il segreto è la passione. Io oggi come allenatore sono un po’ anomalo: perché voglio continuare a divertirmi. Ma tra giocare e allenare è evidente la differenza: il mio ruolo adesso è mettere nella migliore condizione il giocatore, è lui
che deve far divertire. Quanto al mio passaggio dal gioco all’insegnamento, prima di allenare ho vissuto 4 anni
sabbatici. Poi mi è nata una riflessione che è diventata una guida per la mia vita: c’è un primo tempo per imparare,
un secondo per guadagnare e un tempo finale per dare indietro a chi può imparare. È quello che sto facendo».

«Il segreto è la passione. Io oggi come allenatore sono un po’ anomalo: perché voglio continuare a divertirmi. Ma tra giocare e allenare è evidente la differenza: il mio ruolo adesso è mettere nella migliore condizione il giocatore, è lui che deve far divertire».

Sulla gestione del gruppo:

«Quando si viene convocati in maglia azzurra si vive come in un collegio. Ovvio che si debba avere uno spirito di tolleranza verso l’altro. Uno dei capisaldi è la gestione di diverse sensibilità ed esigenze. La gestione della star: come mi comporto? Io tratto tutti in modo uguale, ho uguale considerazione per la star e per il magazziniere. Tratto tutti come se fossero star. Questo crea un benessere generale».

«La gestione della star: come mi comporto? Io tratto tutti in modo uguale, ho uguale considerazione per la star e per il magazziniere. Tratto tutti come se fossero star. Questo crea un benessere generale».

Quando parla del merito cita Bielsa.

«Mi piace citare Bielsa, un grande allenatore di calcio: sostiene che la vita dell’allenatore non deve dipendere esclusivamente dal risultato. Importante, fondamentale è ciò che avresti meritato. So che è difficile sostenere questa tesi ma, per esempio, agli Europei l’Italia ha ottenuto meno di quello che avrebbe meritato».

 

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