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Seba Rossi: «La nostra scuola portieri era ottima, poi la preparazione è stata trascurata» 

Alla Gazzetta: «I passaggini indietro, tre quattro volte di seguito, sono snervanti. Ma buttatela avanti la palla, fate un bel lancio!».

Seba Rossi: «La nostra scuola portieri era ottima, poi la preparazione è stata trascurata» 
25 Feb 1996: AC Milan keeper Sebastiano Rossi during the Serie A match against Juventus at the Stadio Delle Alpi in Turin, Italy. Mandatory Credit: Claudio Villa /Allsport

La Gazzetta dello Sport intervista l’ex portiere Sebastiano Rossi. Ha giocato nel Milan dal 1990 al 2002, ha vinto 5 scudetti, una Champions League, un’Intercontinentale, 5 Supercoppe. Ha giocato anche nel Cesena e nel Perugia.

E’ sempre stato considerato irascibile, scorbutico, permaloso.

«Ma no, io sono sempre stato un bravo ragazzo, ho fatto qualche cazzata in gioventù. Chi non la fa, chi non sbaglia? Poi il tempo passa e sistema tutto…».

Prendeva per il collo i giocatori che facevano gol, come fece con Bucchi dopo Milan-Perugia 1999.

«Oh. Io non volevo mai perdere. È venuto a prendersi il pallone dentro la mia porta. La mia. Non si fa così, lo diceva anche il regolamento».

Forse era nervoso. In quel periodo non c’era troppa alternanza? È stato scritto: la guerra dei portieri. Pazzagli, Antonioli, Pagotto, Taibi, Lehmann… Rossi risponde:

«Macché guerra. Io non ho fatto la guerra a nessuno. C’era concorrenza e rivalità, questo sì. Giusta competizione. Giocavamo sempre per vincere, io per non prendere gol, anche nelle partitelle di allenamento. Non c’era seduta che uno di noi non uscisse con una ammaccatura, o un taglio. Funzionava così, ed era bellissimo. Io mi sono sempre impegnato e divertito».

Si parlava di Rossi come di un portiere pazzo.

«Ma va’. Non mi sono mai considerato un pazzo. Credo invece di essere stato abbastanza coraggioso, vivevo tutto molto intensamente. Mi impegnavo al massimo. Sempre. E non mi dispiace se qualcuno ancora oggi dice che sono stato un precursore nel modo di stare in campo e di interpretare il ruolo. Non avevo paure né timori».

Parla della generazione di portieri a cui appartiene.

«È stata una buona generazione, eravamo tutti italiani, escluso il fenomenale brasiliano Taffarel. Una grande scuola, eccellenti preparatori, fra i primi nel mondo, poi la preparazione è stata trascurata».

E adesso?

«Molti ragazzi stranieri. Non voglio dare giudizi, ma posso dire che Maignan è molto bravo, para bene, ha buoni lanci. Poi Handanovic, che ha avuto preparatori italiani. Onana? Non lo conosco, ho visto poco. Dobbiamo aspettare. Gli altri sono quasi tutti di buon livello».

C’è però una cosa che proprio non gli piace dei portieri moderni: la costruzione dal basso.

«I passaggini indietro, tre quattro volte di seguito. Ma buttala avanti, fai un bel lancio. Una noia mortale, come la musica andina, come cantava Lucio Dalla. Uffa, sono snervanti».

 

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