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Tarantino: «Non dimenticherò mai le persone terrorizzate, le lacrime di mia figlia, il sangue»

L’ex terzino del Napoli alla Gazzetta. Ha disarmato lui l’aggressore del supermercato di Assago: «Non sono un eroe, ho solo fatto la cosa giusta».

Tarantino: «Non dimenticherò mai le persone terrorizzate, le lacrime di mia figlia, il sangue»

La Gazzetta dello Sport intervista Massimo Tarantino, ex difensore di Bologna e Napoli. E’ lui che ha fermato e disarmato Andrea Tombolini, l’aggressore di Assago che ha ucciso una persona ferendone altre quattro con un coltello preso tra gli scaffali del centro commerciale del comune vicino Milano. Tra i feriti anche Pablo Marì del Monza.

«Non sono un eroe, gli eroi sono altri. Io mi sono solo trovato nel posto sbagliato e al momento sbagliato. Però ho fatto la cosa giusta».

Tarantino racconta.

«Ero alla cassa in fila con mia moglie e mia figlia di 22 anni. Siamo andati a fare la spesa come accade spesso. A un certo punto ho iniziato a sentire urlare, ma urla di dolore e di spavento. Ho visto quest’uomo correre verso di noi con un coltello in mano. E come prima reazione mi sono messo a protezione della mia famiglia, ho fatto un passo indietro».

Poi l’aggressione.

«Ha colpito un dipendente che stava a un metro da me e nello scontro sono caduti a terra. È stato in quel momento che ho avuto la lucidità di avvicinarmi e di dare un calcio alla mano che stringeva ancora il coltello. Ma l’arma non è finita lontano da lui. Così l’ho allontanata e con un piede ho bloccato la sua mano. Ho avuto come la sensazione che si sia lasciato andare, è come se si fosse spento».

Intorno, intanto, dolore, persone spaventate, sangue.

«Persone che correvano e scappavano, bambini che piangevano, chiazze di sangue».

C’era anche Pablo Marì.

«Ho visto la moglie e il figlio vicino alle casse, quando ormai era tutto finito e stavano intervenendo i soccorritori. Perché penso che Pablo sia stato colpito nella zona centrale, tra i reparti. È da lì che sono arrivate le prime grida d’allarme».

Se chiude gli occhi gli tornano alla mente le immagini della tragedia.

«Le facce spaventate delle persone, compresa mia figlia che piangeva e il sangue».

Avete dormito la notte?

«Poco. Ne abbiamo parlato in casa tra di noi, speriamo di non avere strascichi. Anche se il nostro pensiero è per chi non c’è più, per i suoi familiari e per chi è stato ferito».

Tarantino racconta la telefonata di Galliani.

«Mi ha chiamato l’ad Adriano Galliani, mi ha tenuto aggiornato sulle condizioni di Pablo costantemente. Ha mandato un abbraccio sincero a me e alla mia famiglia».

Massimo Tarantino ha 51 anni, oggi fa il dirigente alla Spal, in Serie B. A Napoli è stato compagno per qualche mese di Maradona (“ricordo quella volta che partì dalla panchina contro la Fiorentina, seduto accanto a me… Allora ero un ragazzo e lo guardavo con soggezione. Una volta dovevo chieder una cosa a lui e… ho mandato avanti Francini”). Nel 1996 corona il sogno di trasferirsi proprio all’Inter, la sua squadra del cuore. Hodgson aveva appena fatto cedere Roberto Carlos e lui si sarebbe dovuto giocare la maglia con Alessandro Pistone. Ma si rompe quasi subito un ginocchio e il sogno si trasforma in incubo. Chiusa la carriera di calciatore nell’estate 2006 al Pavia, Tarantino ha fatto l’esame da direttore sportivo e ha lavorato prima per il Bologna e poi per la Roma (al fianco di Bruno Conti nella gestione del settore giovanile), prima di abbracciare il progetto Spal nell’estate 2021.
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