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Ecuador, Estupiñán: «Nello spogliatoio preghiamo, è il nostro modo di dire grazie perché giochiamo»

A El Pais: «A prescindere dal risultato, ringraziamo Dio per averci protetti dagli infortuni. Ma Dio ti aiuta fino a un certo punto, poi sei tu che devi fare le cose»

Ecuador, Estupiñán: «Nello spogliatoio preghiamo, è il nostro modo di dire grazie perché giochiamo»

Oggi l’Ecuador sfiderà il Qatar nella prima partita del Mondiale. El Pais intervista Pervis Estupiñán, in estate sbarcato in Premier League, al Brighton, dopo aver giocato con Granada, Almería, Mallorca, Osasuna e Villarreal. È la sua prima volta al Mondiale. In passato è stato anche accostato al mercato del Napoli.

«Dopo non esserci arrivati nel 2018 abbiamo restituito l’illusione alla gente. Il nostro obiettivo è quello di passare la prima fase e fare una buona Coppa del Mondo. Siamo una squadra molto fisica».

Estupiñán racconta che prima delle partite l’Ecuador prega nello spogliatoio.

«Lo facciamo sempre, come gruppo, prima e dopo le partite. Siamo tutti molto credenti. Oltre al fatto che lavoriamo e lottiamo per fare le cose nel miglior modo possibile, sappiamo che qualcuno ci ha portato qui ed è il nostro modo di ringraziarlo e chiedergli di aiutarci. Alla fine, a prescindere dal risultato, lo ringraziamo per averci permesso di lasciare bene il campo di gioco e per non esserci fatti male».

In Europa non avviene nulla del genere.

«No, e non mi ha sorpreso. Io, individualmente, lo faccio e sono sempre stato rispettato. In Sud America siamo più credenti. Ho un tatuaggio della Vergine Maria. È un modo per dire grazie. Ma Dio ti aiuta fino a un certo punto e, da lì, sei tu che devi fare le cose. Non importa quanto chiedi, se vai in campo e non fai quello che dovresti, l’avversario ti supera».

Come calciatore che gioca in una Coppa del Mondo, appartieni a un’élite, con una posizione economica privilegiata. Come lo vivi?

«Con tranquillità e quanta più intelligenza possibile, sapendo da dove vengo. Quando visiti il Paese, devi aiutare coloro che non sono nella tua posizione. Dio mi ha benedetto e mi ha dato l’opportunità di essere chi sono. Quando vado nel mio quartiere per Natale se posso dare una mano a chi ne ha bisogno è meglio. Con la spesa, con il cibo, o nel rendere felici i bambini. Non voglio dare troppi dettagli, sono una persona tranquilla. Aiuto perché voglio e non perché voglio mostrarlo».

Racconta la sua infanzia ad Esmeraldas.

«Un posto tranquillo e costiero. Ero un ragazzo molto allegro che non mangiava e pensava già di giocare a calcio. Sono grato per l’educazione che i miei genitori mi hanno dato: mi ha permesso di non deviare verso la strada della delinquenza».

Il primo stipendio, con il calcio, è arrivato quando aveva 13 anni. Estupiñán racconta cosa ne ha fatto.

«L’ho dato a mia madre, non capivo cosa stavo prendendo. Mi ha comprato dei vestiti in quello che in Spagna chiamano un centro commerciale».

La Coppa del Mondo si svolge in Qatar, un paese che è molto messo in discussione in termini di diritti umani. Qual è la tua opinione?

«Sta ad altre persone sistemare queste cose».

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