Dagli interrogatori in Procura è emerso che Agnelli e gli altri hanno «occultato le prove» per non far fallire la Juve. Elkann ha voluto fare piazza pulita
Elkann ha posto le dimissioni del cdA come condizione per una nuova ricapitalizzazione (Libero).
Nella scelta dell’intero consiglio di amministrazione della Juventus di rassegnare le dimissioni, un ruolo fondamentale è stato svolto dall’inchiesta sulle plusvalenze. La decisione di dimissionare il cdA è di John Elkann. Libero, con Marco Bardesono, scrive della riunione del cdA convocata ieri sera. Una riunione nella quale al presidente, Andrea Agnelli, è stato chiesto di approvare un comunicato che era già pronto.
“Dopo una riunione straordinaria convocata ieri sera e durata giusto il tempo per consentire al presidente una breve prolusione e per approvare un comunicato particolarmente articolato e già scritto in precedenza, sono giunte le dimissioni e il conferimento di pieni poteri al direttore generale Maurizio Scanavino che li eserciterà fino al 27 dicembre, data nella quale è stata convocata l’assemblea degli azionisti”.
Un elemento importante nel far prendere questa piega agli eventi sono stati gli interrogatori in Procura di due settimane fa, scrive il quotidiano.
“Ma l’ultima tegola sulla testa del management bianconero, sarebbe caduta non più tardi di due settimane fa, quando, nel corso di alcuni interrogatori in procura, qualcuno (dirigenti o amministratori) avrebbe confermato i sospetti e gli indizi degli investigatori. Per la procura di Torino se i dirigenti della Juventus fossero stati trasparenti nei conti, «la società sarebbe fallita», tant’è che per ripartire, la Juventus ha necessità di una forte ricapitalizzazione che John Elkann, amministratore delegato di Exor, avrebbe fatto sapere di essere disponibile a effettuare, ma solo con nuovi amministratori. Una decisione per fare ‘piazza pulita’ di dirigenti che, secondo le carte giudiziarie «avrebbero occultato le prove», nascondendo nei cassetti di studi legali «fidati» i documenti più compromettenti, compresi quelli sulle presunte «manovre stipendi» dei calciatori”.
A luglio la procura aveva chiesto, ma non ottenuto, i domiciliari per Agnelli, Fabio Paratici e Cesare Garbasio, l’avvocato e consulente legale della Juventus. La motivazione era che c’erano
“elementi di prova che dimostrerebbero come, prima della scorsa estate, Agnelli e i dirigenti, pur sapendo di essere indagati, avrebbero, quanto meno a livello di rischio, «occultato le prove» e «reiterato il reato»”.