Ha una caratteristica che nessuno ha: parte da fermo e in 15 metri dribbla l’avversario e lo lascia dietro. Spalletti lo ha inserito al momento giusto
Altra importantissima partita vinta dal Napoli, che ormai tutti aspettano al varco del primo passo falso in campionato dopo l’inizio della striscia di vittorie iniziate due mesi fa e che invece tiene botta e porta a casa il risultato pieno anche contro una delle avversarie che, complice la stanchezza per tutti gli incontri ravvicinati del periodo, ha più messo in difficoltà la squadra azzurra.
Il Napoli per più di un’ora, sebbene abbia ovviamente tenuto in mano il pallino del gioco e della partita e sebbene abbia comunque, prima del vantaggio, sperperato almeno tre nitide occasioni da gol, ha trovato serie difficoltà a trovare l’imbucata giusta o la giocata risolutiva per arrivare a crearle, pure lasciando agli avversari un paio di azioni da contropiede nelle quali errate letture e scalate della difesa hanno quasi prodotto il paradosso del vantaggio dell’Empoli.
Il primo gesto tecnico da lodare, ad avviso di chi scrive, è quello che Spalletti fa nello slot dei primi tre cambi, grazie ai quali fa in particolare entrare in campo Lozano.
L’allenatore del Napoli, ancora una volta, intuisce quale brutta inerzia stia prendendo la partita quando ormai manca non più di mezz’ora per sbloccarla (e quando vuoi sbloccarla ma non ce la fai, subentra il nervosismo ed i minuti iniziano a passare veloci come secondi …).
La palla gira lenta anche perché i giocatori sono stanchi e l’Empoli è bravissimo a tenere botta scegliendo non di attaccare alto il Napoli, ma di aspettarlo chiudendo tutti gli spazi disponibili vuoi per gli uno contro uno sulle fasce, vuoi per possibili passaggi filtranti dentro il campo per Osimhen o per chiunque si buttasse nello spazio con due linee (quella difensiva e quella di centrocampo e di prima aggressione al portatore di palla) molto strette e serrate, oltre che molto vicine tra di loro.
Con questi chiari di luna, Spalletti capisce innanzitutto che il suo uomo può essere Lozano.
L’attaccante messicano ha, infatti, una caratteristica fondamentale per aprire partite del genere: anche partendo da fermo (e quindi a difesa avversaria schierata ed a marcatore correttamente posizionato ad attenderlo), grazie al suo iniziale scatto bruciante, e cioè all’accelerazione che riesce a sviluppare nella conduzione del pallone dal punto in cui punta l’uomo fino ai successivi quindici metri riesce spessissimo non solo a dribblarlo, ma anche a guadagnare quel paio di metri che gli garantiscono di poter agevolmente, dopo essersi sbarazzato della pressione fisica dell’uomo avversario di riferimento, guardare l’area e scegliere il modo in cui effettuare l’ultimo passaggio.
Scatto, questo, che Lozano usa insieme a due giocate tipiche:
i) o, appena ricevuta la palla in movimento, inizia ad accentrarsi conducendo con il piede destro il pallone – con alta frequenza di passi e leggeri tocchi – dalla linea della fascia laterale fino ad andare fisicamente di fronte al suo marcatore, per poi sterzare (e tornare) di nuovo sulla fascia laterale con un improvviso tocco d’esterno sempre del piede destro (effettuato non appena percepisce che il marcatore sta per cercare di intervenire per sottrarglielo);
ii) o, appena ricevuta la palla sul corpo da fermo (nella zona alta sempre della fascia laterale destra), dopo lo stop, con un movimento del corpo finge di rientrare e, una volta che il suo marcatore fa il suo stesso movimento scoprendo la zona di campo dietro di lui, effettua un movimento di corpo contrario per andare proprio in quella direzione (opposta) così lasciata libera dall’avversario.
Giocate tipiche che Lozano effettua anche nelle due azioni da gol:
i) nell’azione del primo gol, Lozano riceve palla nella sua zona (quella di tre quarti avversaria vicina alla linea laterale a destra di chi attacca), la conduce accentrandosi verso l’esterno difensivo basso avversario ed appena gli è di fronte la sposta verso l’esterno, così da guadagnare quel metro che gli consente di poterla agevolmente crossare quasi raso terra.
La palla è intercettata da un difensore avversario che tuttavia la controlla male allungandosela.
Osimhen, come un falco (perché capisce l’errore ed è pronto ad approfittarne) ed un giaguaro (coprendo il notevole spazio tra lui ed il pallone perso dall’avversario in un nano secondo) si avventa sul pallone e l’avversario per cercare di riprenderla non può che fargli fallo, seppure l’attaccante sia spalle alla porta.
L’arbitro fischia il rigore (altro che rigorino: si ripassino le regole, gli astanti da bar), Lozano lo batte (male) e lo segna.
ii) Nell’azione del secondo gol, Lozano, scatta ad aggredire lo spazio sulla fascia laterale destra dopo che Di Lorenzo ha ricevuto il pallone, sapendo che l’esterno basso del Napoli (in uno schema più volte visto e commentato) è andato a prendersi il pallone in quella zona proprio per cercare questa possibile soluzione di gioco.
Così è, infatti: Di Lorenzo lancia il pallone nello spazio che Lozano è andato ad aggredire.
L’attaccante messicano lo fa sfilare, aspetta il momento buono per fermarlo e per fermarsi.
Non appena si ferma, finta (a palla ferma) di ritornare indietro, il marcatore avversario accenna un consequenziale movimento per seguirlo e lascia così la fascia libera, verso cui Lozano si invola dopo aver istantaneamente effettuato quel contro-movimento e quel tocco del pallone che gli servono per farlo.
Grazie a questa giocata si guadagna quel secondo che gli basta per alzare la testa e crossare indisturbato verso il centro dell’area.
Sembra, anche questo, un pallone buono per due come già avemmo modo di commentare la volta scorsa.
Osimhen va a saltare per prenderlo, non riesce ad impattare il pallone sul cross del compagno, ma tanto basta ad attirarsi su di sé quel che resta della difesa male posizionata dell’Empoli e far andare a vuoto il loro intervento.
Non c’è problema: dietro di lui arriva a rimorchio Zielinski (con ottimo movimento da terzo di centrocampo che si butta nell’area per chiudere l’azione), il quale al volo di sinistro, con un tiro di notevole difficoltà tecnica (perché arriva in corsa e perché ha il problema di non imprimergli troppo carico della gamba al fine di tenerlo basso), mette a segno il due a zero.
Partita chiusa, in sostanza grazie a Lozano e di chi ha scelto di metterlo in campo proprio in quel frangente di gioco.
Grazie alle sue giocate che si dimostrano in grado di far saltare le serrate linee difensive avversarie che invece non si riuscivano a scardinare con giro palla ed improvvisa imbucata; grazie al fatto che fa espellere un giocatore all’Empoli consentendo al Napoli di giocare in superiorità numerica sopra di un gol; grazie al fatto che entra in modo decisivo (e determina) le due azioni del gol, uno dei quali pure da lui segnato.
Ma questo è solo un effetto, ad avviso di chi scrive, la cui causa è da rinvenirsi proprio nella scelta (studiata, meditata e praticata) che Spalletti fa in tal senso.
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P.S. Ci sarebbero altri due gesti tecnico di cui parlare.
Il primo si declina nell’azione Osimhen – Ndombele – Raspadori al 44esimo del primo tempo.
Osimhen (che in quel frangente si trova vicino a Raspadori) riceve nell’area di rigore avversaria un pallone teso calciatogli addosso da Mario Rui dalla sua trequarti, riesce a stopparlo ed a scaricarlo a Ndombele che sta arrivando a rimorchio.
A questo punto, ecco che subito si attiva la catena a tre di costruzione della palla gol: Osimhen esce dai blocchi ed indietreggia per scaricare a Nbombele, tirarsi dietro possibili movimenti della difesa avversaria e lasciare spazio da aggredire dietro di sé nella zona dell’area che ha lasciato libera con questo movimento
Raspadori intuisce e fa il movimento opposto, cioè corre proprio ad aggredire quella zona di campo dettando li il passaggio al primo ricevente, cioè Ndombele.
Che a quel punto di prima e con un tocco delizioso lo imbuca a Raspadori proprio dove questo glielo chiama con lo scatto; Raspadori al solito è bravissimo e rapidissimo a controllare e concludere ma la palla esce di dopo.
Di questo gesto abbiamo parlato.
Resta il secondo gesto di cui vorremmo discutere.
Lo fa Zanetti quando applaude l’azione del Napoli che ha portato al secondo gol.
Mi sono subito ricordato di due episodi simili: Ferron che applaude Boksic dopo il gol a pallonetto che questo, dopo aver seminato come birilli gli avversari, gli fa durante un Lazio – Sampdoria; Mannini che applaude Ronaldo il Fenomeno dopo che questo con un’accelerazione formidabile di sessanta metri lo aveva seminato insieme ad altri tre difensori durante un Sampdoria –Inter.
La meraviglia dello sport, insomma, che ti fa inchinare al bello e te lo fa applaudire.
Perché il bello riesce ad essere più forte anche dell’interesse personale o dello spirito di squadra.
In un mondo ormai circondato dal buio, di piangina (pensate a quanti presunti allenatori Top rientrano in questa categoria ..) e di gente che si lamenta accampando le più idiote scuse per giustificare le proprie sconfitte, quell’applauso fatto da chi ha perso a me pare uno squarcio di luce.