Luis Enrique: «Se Unai Simon non giocasse bene con i piedi, non sarebbe il portiere della Nazionale. Il calcio è uno spettacolo, ce ne dimentichiamo»
Luis Enrique continua a dare spettacolo su Twitch, dove ha tirato fuori alcuna perle tra cui quella del sesso pre partita. Nella serata di stasera il ct della Spagna si è concesso di nuovo allo streaming ed ha parlato molto del suo punto di vista e di come vede il calcio.
Luis Enrique sul calcio
«Nel calcio, abbiamo raggiunto un punto in cui abbiamo perso la strada. Agli allenatori dovrebbe essere insegnato che questo è uno spettacolo, che ci sono 50.000 persone allo stadio che ti guardano. La necessità costringe così tanto che tutto giorno è dedicato alla difesa. Questo è uno spettacolo, uno spettacolo, devi far divertire la gente. Forse è una mia stronzata, ma mi piace allenarmi così. È più gratificante».
Lo sviluppo del gioco
«Pensa a una cosa. Quando vinciamo l’avversario ci mette pressione e noi giochiamo con il portiere, l’avversario deve correre 40 metri per fare pressione su Unai Simon. Se riusciamo a fare quattro o cinque passaggi e uscire, devono tornare. Sai quanto è disperato? Questa è una delle nostre armi, parte della nostra filosofia. Mi piace vincere con lo stile con cui penso che siamo migliori.»
Le considerazioni su Simon
«Se Unai non giocasse bene con i piedi, non sarebbe il portiere della Nazionale. Il processo decisionale è importante nel calcio. Per me Unai gestisce tutte le registrazioni necessarie per venire qui. È un portiere di altissimo livello. Anche Robert Sanchez e David Raya. Ha una percentuale di successo molto alta. Che qualche gioco suppone qualche spavento per il cuore? Beh, fa anche parte del calcio.»
Sulla libertà ai calciatori
«I giocatori sanno che devono dormire a orari logici. Alcuni giocheranno a carte, altri a ping-pong, altri guarderanno il calcio, altri l’allenatore pesante. Mi interessa che si divertano, che si divertano a essere concentrati. Lo scherzo è continuo. Ci sono molti giorni da vivere insieme, mi interessa avere un’atmosfera di tranquillità, di serenità. Questo vale anche per il personale. Questa è una grande famiglia di 50-60 persone. Se ci sono buone vibrazioni e hai voglia di fare qualcosa di speciale, qui di solito lasciamo la libertà a tutti di esprimersi come vogliono, nel rispetto degli altri.»
Le querelle con i giornalisti
«Se sommassi tutte le ore che tutti i giornalisti hanno dedicato al calcio, loro non hanno dedicato nemmeno il 10% del mio tempo a tutto quello che io e il mio staff gli abbiamo dedicato. Non consumo molta stampa, non perché non rispetto la loro opinione, ma perché ho a che fare con così tante informazioni che ciò che dice qualcuno che è guidato da sentimenti e sensazioni non può influenzarmi. I giornalisti dicono che sono contro di loro, per niente. Il lavoro di un giornalista è diverso dal mio».