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Martone su Massimo Troisi: «Lo incontrai e capii quanto soffrisse del fatto di essere sottovalutato»

Il regista firma un documentario su Troisi: «Lo conobbi nel 92. All’orizzonte c’era l’idea di un film insieme. Purtroppo non c’è stato tempo»

Martone su Massimo Troisi: «Lo incontrai e capii quanto soffrisse del fatto di essere sottovalutato»
Venezia 07/09/2020 - Festival del Cinema di Venezia / foto Beescoop/Image nella foto: Mario Martone

Il Secolo XIX intervista il regista napoletano Mario Martone. E’ sua la firma del documentario “Laggiù qualcuno mi ama”, dedicato a Massimo Troisi. Il regista ne ha presentati cinque minuti in anteprima assoluta al Torino Film Festival. Prodotto da Indiana con Vision Distribution e Medusa, uscirà in sala il 19 febbraio, in coincidenza con i 70 anni dell’attore napoletano.

«Io e Massimo ci siamo conosciuti nel 1992, io avevo appena girato ‘Morte di un matematico napoletano’ e lui era già Troisi, voleva fare un film con Gianmaria Volontè, ma all’orizzonte c’era l’idea di un film insieme, c’era grande feeling. Purtroppo non c’è stato tempo, avrebbe dovuto fare il trapianto, ma si sa che disse di voler fare ‘Il postino’ con il suo cuore. Purtroppo è morto il giorno dopo la fine delle riprese. Sul set era provatissimo, noi eravamo sempre intorno a lui, a ridere, ma il destino ha giocato la sua parte. Il documentario che sto preparando vale il film che non siamo mai riusciti a fare insieme, è un modo per rendergli omaggio».

Martone continua spiegando il motivo del documentario.

«Ho una ragione per farlo. Fin dai tempi di ‘Ricomincio da tre’ l’ho sempre considerato un grande regista, mentre
da tutti era considerato un grande attore. Ho sempre ritenuto che il suo cinema fosse straordinario. Quando l’ho incontrato ho capito quanto soffrisse del fatto di essere sottovalutato. Faccio questo film per raccontare la mia idea del cinema di Massimo, è un film sul Troisi regista, non è aneddotico, non ci sono amici che raccontano, ma compagni di viaggio che amano il suo cinema».

La Stampa riporta altre dichiarazioni di Martone.

«Non ho adottato l’approccio standard del documentario di testimonianze e non ho voluto interpellare nessuno che l’abbia conosciuto. A parte Anna Pavignano, che l’ha scritto insieme a me e che ha racconti molto dolci e intimi del tempo trascorso con Massimo. Invece ho cercato persone che hanno qualcosa da dire sul suo cinema e che a vario titolo ne sono state ispirate. Diciamo che come modello di riferimento avevo lo Scorsese di Directed by John Ford. Questo documentario avrei potuto titolarlo Massimo and Me».

Martone ha rievocato l’ultima avventura cinematografica di Troisi, che lui ha vissuto dall’interno.

«Ci accennava spesso a questo nuovo film che voleva fare insieme a Michael Radford e da come ne parlava sentivi il calore e l’intensità con cui lo desiderava. Sapevamo che era malato e che avrebbe assolutamente dovuto sottoporsi a un trapianto di cuore, ma lui ci diceva che a Il postino teneva talmente tanto che lo voleva fare con il cuore suo, non con quello di un altro. Purtroppo non ha fatto in tempo: ha tenuto duro fino alla fine delle riprese ed è morto il giorno dopo l’ultimo ciak. Non bisogna però pensarlo rassegnato, condannato, anzi, aveva mille progetti per il futuro. Anche l’atmosfera intorno a lui è rimasta divertente come sempre. Sul set non riusciva più a camminare, se ne stava disteso fino al momento di girare le scene. Noi ce ne stavamo intorno al suo letto e lui raccontava e scherzava come sempre».

 

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