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«La F1 impartisce ai piloti la lezione della Fifa: guida, corri, e poi… muto!» (Süddeutsche)

“Già 18 su 20 in griglia erano imbavagliati, erano rimasti solo Hamilton e Norris. Vettel ha smesso: la sua bandiera arcobaleno in Ungheria che grande esempio poteva essere”

«La F1 impartisce ai piloti la lezione della Fifa: guida, corri, e poi… muto!» (Süddeutsche)

Eccola la scia del Mondiale “censurato” in Qatar. La lezione della Fifa che attecchisce. Ne avevamo già scritto, la Süddeutsche Zeitung ci torna con un editoriale: la Formula Uno vuole “imbavagliare” i suoi piloti. E non è nemmeno una missione così impossibile, visto che – scrive il giornale tedesco – “18 dei 20 piloti rimasti in F1 sono comunque piloti che si avvicinano molto all’ideale del presidente della Fia Mohammed Ben Sulayem: si siedono in macchina, guidano in tondo, contribuendo così alla miracolosa conversione della benzina in CO₂ e milioni di dollari, e tengono la bocca chiusa”.

Poi c’erano Hamilton impegnato con i diritti umani, Vettel per l’ambientalismo e Norris per la difficoltà mentali. Vettel ha smesso. La SZ fa notare che la Fifa per giustificare la stretta ha chiamato in causa “la neutralità politica dello sport come principio di base etico universale del Movimento Olimpico”. “Era davvero giunto il momento – risponde sarcastico l’articolo – che il motorsport come sport olimpico di base si infilasse nel corsetto che si applicava ai lanciatori di dischi e ai nuotatori sincronizzati. E la fascia “One Love” ai Mondiali in Qatar non ha dimostrato che una protesta troppo semplicistica può avvelenare lo sport?”

Ma “chi decreta che gli atleti non possono esprimere la propria condizione personale, non dovrebbe assicurarsi che il calendario delle gare non obblighi nessuno a guidare in luoghi dove i piloti si sentono a disagio?”.

La Formula 1 “è preoccupata di prevenire messaggi dannosi per il business”, quello è. Soldi, non politica. E per la SZ è un gran peccato:  “Un Vettel che drappeggiato con i colori arcobaleno su tutto il corpo nel cuore dell’Ungheria omofoba di Viktor Orbán è qualcosa che altri sport avrebbero voluto avere. Ha fatto risplendere il sole in un luogo oscuro; e per un attimo ha riportato alla Formula 1 una rilevanza sociale che aveva perso da tempo”.

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