Dietro le frasi di rito per l’esonero del ct una promessa economica del primo ministro tenuta nascosta a troppe persone
Che Czesław Michniewicz avesse i giorni contati alla guida della nazionale polacca è notizia ormai nota da tempo. Il suo contratto non verrà rinnovato nel 2023 e la Federazione calcistica polacca (Pzpn) ne ha lasciato trapelare le ragioni una settimana dopo l’eliminazione della Polonia in Qatar per mano della Francia ai sedicesimi di finale. Il comunicato del presidente della Pzpn, Cezary Kulesza, è un chiaro esempio di feedback sandwich. Il succo, anzi la farcitura, del giudizio critico nei confronti di Michniewicz, è tutto racchiuso nella parte centrale del discorso: «Per valutare correttamente l’operato dell’allenatore, abbiamo dovuto tenere conto di altri aspetti fondamentali, quali il progetto a lungo termine e la direzione di sviluppo della nazionale». Un discorso in perfetto stile aziendale, incastrato tra gli elogi in apertura e in chiusura per il lavoro svolto in panchina dall’ex-portiere, con cui la Polonia è tornata a superare la fase a gironi dei mondiali dopo Messico 1986.
La federcalcio del Paese sulla Vistola ha giustamente ritenuto che le premesse del catenaccio ad oltranza della nazionale cosi come si è visto in Qatar non promettano nulla di buono. Quasi certamente la Pzpn ne ha fatto una questione di prospettive piuttosto che di stile. Guai a pensare che Kulesza e il suo staff siano diventati degli esteti intransigenti. Il non gioco dato da Michniewicz alla squadra ha fruttato qualcosa ai Mondiali soltanto grazie alle prodezze dei singoli. Una volta che Lewandowski ed altri giocatori di grande qualità come Szczęsny e Zieliński avranno appeso le scarpe al chiodo chi sarà a fare la differenza? Da qui l’esigenza di voltare pagina.
Si storca pure il naso ma anche le nazionali sportive nella loro struttura organizzativa, benché non orientate direttamene al profitto, funzionano come le aziende. E questo discorso aziendalese è forse una delle poche cose che ha funzionato nella comunicazione d’impresa della Pzpn ai Mondiali 2022.
Trattasi di un potenziale caso di studio, o almeno, di un cattivo esempio di marketing sportivo sul quale vale la pena soffermarsi. Dal doppio ruolo di Jakub Kwiatkowski, nelle vesti di capo ufficio stampa della Pzpn e team manager della nazionale, con il quale Michniewicz avrebbe avuto delle frizioni, passando per la gestione del ritorno in patria dopo l’eliminazione. La squadra dimezzata dalle assenze – c’è chi è andato subito in vacanza come Lewandowski e chi ha preferito rientrare nel proprio club senza passare a casa – è atterrata in sordina all’aeroporto militare di Okęcie, lontano dai tifosi che pure avrebbero voluto riservare un’accoglienza come si deve ai propri beniamini. Definirlo un rientro in sordina sarebbe un eufemismo.
Ma ci sono anche altre ragioni che hanno portato a dare il benservito a Michniewicz nonostante abbia raggiunto l’obiettivo minimo. Come quasi tutte le persone che fanno questo lavoro, l’ormai ex allenatore della nazionale maggiore, ha avuto una carriera travagliata. Due uniche eccezioni: il triennio sulla panchina del Lech Poznań, condito da una coppa e supercoppa nazionale nel 2004, e più di recente, quello trascorso alla guida della Polonia Under 21.
Ruvido, genuino e francamente diretto, Michniewicz è la stessa persona che aveva rilasciato una deposizione spontanea alla Procura di Breslavia nel 2009, dopo lo scoppio di calciopoli in Polonia ad inizio Duemila e il conseguente maxiprocesso con i suoi oltre 600 imputati. Ad di là di ogni merito o demerito sportivo, Michniewicz ha pagato per essersi aggrappato ingenuamente ad una promessa politica fatta a cuor leggero tra i convenevoli nel giorno della partenza della nazionale per il Qatar.
Secondo il portale locale “WP Sportowe Fakty” il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki avrebbe informato Michniewicz di un eventuale premio alla nazionale polacca in caso di raggiungimento della fase ad eliminazione diretta. Forse sono soltanto speculazioni ma la parola data da Morawiecki potrebbe anche aver contribuito a modellare il gioco sparagnino e oltremodo guardingo che Michniewicz avrebbe dato alla sua squadre durante la manifestazione. C’è chi ha parlato di 30 milioni e chi invece di 50 milioni di złotych (circa 10.5 milioni di euro ndr). Poco importa, anche perché Kulesza si è sentito scavalcato da Michniewicz, non essendo stato messo al corrente né dal coach polacco e suo dipendente né tantomeno dal premier pasticcione Morawiecki di un’eventuale ricompensa.
La fuga di notizia di un premio da pagare con le tasche dei contribuenti ha irritato in modo trasversale l’opinione pubblica. Ai più benestanti, il presunto “accordo tra i gentiluomini” ha riportato alla mente i selvaggi anni Novanta quando le transazioni, più o meno legali, si facevano a suon di malloppi prima che il piano Balcerowicz permettesse alla Polonia di addomesticare l’inflazione e stampare meno banconote dopo il crollo del comunismo. Che Morawiecki avesse avuto in mente di lasciare il premio in un sacco di tela davanti alla sede della Pzpn? Agli occhi dei meno abbienti invece, l’idea di ricompensare degli sportivi professionisti quando almeno metà del paese è costretto a barcamenarsi con caro vita ed energia, è stata considerata un affronto.
Voci di corridoio dicono che Michniewicz abbia discusso a competizione in corso della suddivisione della ricompensa tra gli atleti. Una notizia confermata dallo stesso allenatore in un’intervista concessa a “Radio ZET”: «Ne ho parlato con Lewandowski. Non ho riscontrato alcuna differenza di vedute tra di noi. Ho detto che mi sarebbe piaciuto che il premio andasse allo staff della nazionale». Intervistato dal portale “Onet.pl”, l’attaccante del Barcellona ha invece tenuto a precisare: «Non c’è stata alcuna pretesa da parte nostra e non abbiamo allungato le mani per metterle su soldi pubblici». Il governo polacco ha provato subito a correggere il tiro precisando che la gratifica verrà erogata direttamente alla federazione calcistica polacca per promuovere investimenti nelle infrastrutture e nei settori giovanili nei prossimi anni.
Mentre i dirigenti della Pzpn si sono compattati per affrontare la tempesta mediatica delle settimane scorse, Michniewicz si è ritrovato invece col passare dei giorni sempre più isolato, complici anche le sue dichiarazioni post-Qatar date qua e là in pasto alla stampa del suo paese. Una cosa che sicuramente non sarà piaciuta nemmeno all’influente Kwiatkowski. Da qui anche l’idea del “confuciano” Kulesza di sacrificare il rapporto di lavoro con Michniewicz per garantire l’armonia all’interno della federazione. O lo si chiami pure, tanto per citare Caparezza, confusianesimo.