Sono l’unica tifoseria favorevole alla Superlega. Impossibile ragionare con loro. L’unico fine è la vittoria che serve come riscatto o come biglietto da visita
Ha destato sensazione l’intervento di Luciano Moggi oggi all’assemblea della Juventus in qualità di piccolo azionista. In realtà Moggi non ha detto niente di nuovo. Porta da avanti una battaglia che non possiamo definire personale. Purtroppo per la tifoserie juventina non si usa la parola popolo. Invece sarebbe molto più attinente per gli juventini. Sono un popolo. Da oltre quindici anni convinti di essere vittime di una grande ingiustizia, di un complotto sovrauniversale. Perché gli juventini sono un popolo, hanno caratteristiche specifiche che è difficile riscontrare in altri gruppi di essere umani.
Pur non avendo una città come riferimento, anche se Torino è molto più juventina di come narrano alcune leggende metropolitane, il popolo juventino corrisponde a un tipo italiano abbastanza comune. La vittoria come tratto distintivo che può essere poi declinato in più varianti. La vittoria come forma di riscatto, tratto molto comune visto che tanti, tantissimi, sono juventini della provincia. Tantissimi al Sud, a Napoli ne siamo pieni. La vittoria come biglietto da visita. Una volta un collega giornalista a Roma mi disse: “sono juventino perché sì, perché se vuoi stare in un salotto, avere una minima vita di relazione non puoi non essere juventino”. Con gli anni le sue parole mi furono chiarissime. E infatti gli juventini sono disseminati nei posti chiave del sistema-Paese. Molti sono o stati direttori di giornale, tanto per dirna una. Qualcuno ha persino cambiato fede calcistica per poter salire gli ulteriori gradini del potere. È un lasciapassare. Come un Master, l’ottima conoscenza del mandarino (per alcuni la lingua più parlata al mondo), oppure la patente per portare i camion, a seconda dell’ambiente di riferimento.
Lo juventino è l’unico tifoso dell’orbe terracqueo favorevole alla Superlega. Perché di fatto la Superlega decretava l’appartenenza della Juventus a una élite. La fine della puzza della strada. È il vero motivo per cui sono juventini. Poi, magari, anzi certamente, non l’avrebbero mai vinta la Superlega ma per loro esserci sarebbe stato una goduria. Nessun’altra tifoseria europea ha avuto questa reazione. Altri ne hanno fatto tutti una questione di opportunità, di partecipazione, di ascensore sociale. Proprio quel che ogni juventino aborrisce, almeno nel Carnevale del calcio. Altrimenti perché essere juventini?
Con Calciopoli è esploso lo juventino complottardo. Ogni qual volta c’è un’intromissione nel sistema Juventus, è un complotto. Il doping era un complotto. Calciopoli neanche a parlarne, impazziscono solo a parlarne, soprattutto per gli scudetti assegnati all’Inter: schiumano ancora rabbia. Il passaporto di Suarez. E quindi le plusvalenze. E tanti, tanti altri li abbiamo dimenticati. Attenzione, loro sono realmente convinti di questo. Per loro realmente c’è una struttura parallela – fondamentalmente nerazzurra – al lavoro h24 per screditare la meravigliosa creatura juventina (eravamo tentati di scrivere geometrica potenza ma Aldo Moro, giustamente, non ci avrebbe perdonati).
Luciano Moggi in fondo ha solo effettuato un richiamo della foresta. Il richiamo del popolo. Non sappiamo quali siano stati i volti dei nuovi consiglieri d’amministrazione di fronte a quello spettacolo. Ovviamente loro sono là per un altro lavoro. Che non ha nulla a che vedere col consenso e in particolare col consenso di quella gente là che inneggia a falsi in bilancio, doping, arbitri manovrati, non parliamo di plusvalenze (a quelle inneggiavano anche giornalisti, figurarsi). Il popolo juventino ama le canaglie, ci si rispecchia. Si sente a casa. Sono fatti così. E Moggi ha solo dato loro voce.