A Sette: «Voglio bene a Milano, ma non la amo più come prima. Questi grattacieli che poi secondo me sono mezzi vuoti. Troppe macchine, troppa isteria».
Su Sette un’intervista a Ornella Vanoni. Ha 88 anni ed è ancora in tournée, accompagnata da un’orchestra tutta di donne.
«Me ne ha parlato Paolo Fresu e ho detto: perché no? È insolito per l’Italia. La pianista è fantastica; c’è una iraniana bravissima, la batterista napoletana bellissima. Ma per me se sono brave artiste, non fa differenza, uomini o donne».
Crede nella solidarietà tra donne? La Vanoni risponde:
«Io non mi metto in competizione e non ho invidie, non so se questa è solidarietà. Sorellanza? No, non ci credo. Ci sono amiche che possono diventare sorelle, altre donne con le quali non c’è alcuno scambio emotivo».
La sua immagine è di una donna forte.
«Non sono così forte. Sono coraggiosa. Con la pandemia sono diventata forte. Ho avuto anche un intervento al cuore, poi al femore. Mi sono fortificata. E addolcita insieme».
Quando ha conosciuto Giorgio Strehler? La Vanoni racconta:
«Ero ragazzina e andavo a teatro da lui che mi prestava i costumi per carnevale. Poi entrai alla Scuola del Piccolo Teatro, e ci innamorammo. Ho imparato tanto guardando Giorgio lavorare. È stata una esperienza forte, formativa. Ma la nostra storia d’amore creò scandalo: lui molto più grande e sposato. Io fui bistrattata per questo legame».
Perché ha lasciato Giorgio?
«La verità è che ormai il nostro rapporto era già finito. Non ero stanca di lui, ma di una cosa che faceva lui e che a me non andava più…».
La droga, la cocaina?
«Non mi va più di parlarne. Certo che Giorgio mi ha amato alla follia, come nessun altro».
Gino Paoli le ha dedicato una canzone: “Senza fine”. Da cosa è stato colpito?
«Dalle mie mani grandi».
La Vanoni racconta un aneddoto sull’Avvocato Agnelli.
«Ho cantato per l’Aga Khan e quella sera c’era anche l’Avvocato Agnelli. Alla fine della sera mi appoggiò al muro. Gli dissi: “Tutte morirebbero per lei, io no”. Lui si è fatto una risata».
Se le dico Milano, cosa le viene in mente?
«Voglio bene a Milano, ma non la amo più come prima. Questi grattacieli che poi secondo me sono mezzi vuoti. Troppe macchine, troppa isteria».
Delle persone che non ci sono più chi le manca di più?
«Mia madre e mio padre. E Sergio Bardotti. Avevamo un legame pazzesco: curioso lui, curiosa io, insieme abbiamo realizzato cose splendide: ho cantato tutti i jazzisti americani. Beveva e fumava tantissimo. Ma che potevo fare?».
Cosa vorrebbe fare nel 2023?
«Scrivere un libro e recitare, cinema e teatro».
Non lavorare le fa paura? Teme il vuoto?
«Sì temo molto il vuoto, specie qui a Milano. Se fossi con un’amica o un compagno, e tanti animali, sarei felice di vivere in campagna. Mi trasferirei al volo».