Al Fatto: «Oggi non trovano compagni, i maschi sono diventati timidi». E sul Mondiale: «Forza Marocco. Basta coi Paperoni viziati del calcio»
Il Fatto Quotidiano intervista Ornella Vanoni. Dopo l’incidente al femore, è di nuovo in tour e lo riprenderà nel 2023: prima data il 12 gennaio a Bologna, per poi spostarsi a Torino, Perugia, Firenze e Genova.
Quanti amori veri ha avuto?
«Due. Uno è Gino Paoli. L’altro un avvocato, poco noto. Non fa gola a voi giornalisti».
Al concerto di Roma dell’altra sera ha detto che le ragazze di oggi non scopano come le donne facevano una volta. La Vanoni rivendica la sua frase.
«È vero. Non trovano compagni, i maschi sono diventati timidi. Il guaio è sorto quando noi donne abbiamo cominciato a parlare troppo. Stavamo più zitte. E ci si divertiva».
Sul Me too:
«Ci sono stati casi tragici. Però se penso a quell’attrice italiana che ha dato inizio al movimento e poi ha fatto dei film con il produttore che ha denunciato, i conti non mi tornano».
La Vanoni parla di Strehler e della sua esperienza nei teatri di Milano.
«Facevo gli scalini e tremavo. Giorgio mi fulminò: ‘Hai il talento, ma non i nervi per fare questo mestiere!’. Aveva ragione. Notti insonni prima di ogni spettacolo, per anni. Tormenti e angosce. Pian piano, sono sbocciata. C’erano
cantanti tecnicamente più dotate di me, lungo il cammino, ma che quanto ad emozione non ti scucivano un pelo. La più brava, al contrario, è sempre stata Mina. Inarrivabile. Prima che sparisse in Svizzera brindavamo insieme a capodanno».
Su Battiato:
«Uomo di grande altezza spirituale, ma che sapeva essere lieve. Un solitario amato da tutti. Diceva: ‘Donne? Solo amiche. Non voglio litigare per un dentifricio’».
Se Amadeus la chiamasse a Sanremo la Vanoni ci andrebbe?
«Vado. Fuori gara, eh! E se campo altri cent’anni voglio un altro Premio alla Carriera. Sono stata la prima a riceverlo. E vorrei dire un’ultima cosa… Forza Marocco. Finalmente una squadra africana. Basta coi Paperoni viziati del calcio».