A Le Parisien: «Lì non succede più, perché ci sono pene che scoraggiano. Da noi puoi essere apertamente razzista e non essere punito».
Le Parisien intervista Olivier Dacourt. Ex di Strasburgo, Everton, Lens e Leeds, nel 2003 passò alla Roma e, nel 2006, all’Inter fino al 2009. Poi il passaggio al Fulham e la chiusura di carriera, nel 2010. Oggi ha una società di produzione a Parigi. Il tema è quello dei cori razzisti dei tifosi della Lazio contro Umtiti e Banda, in Lecce-Lazio. Per quei cori, la Curva Nord della Lazio è stata chiusa per un turno dal Giudice Sportivo.
A Dacourt viene chiesto qual è stata la sua prima reazione dopo i fatti di mercoledì a Roma.
«Tolleranza zero. Possiamo vedere che quando vogliamo sanzionare su determinati argomenti, lo facciamo. Oggi puoi essere apertamente razzista e non essere punito. Se nella quotidianità la persona razzista non viene condannata, quando arriva allo stadio può fare quello che vuole. In uno stadio ci sono abbastanza telecamere e guardie di sicurezza per sapere chi ha fatto cosa. Identifichiamo l’autore, lo andiamo a cercare e lo liberiamo. Se il club non prende sanzioni contro i tifosi, è necessario togliere punti, squalificare da una competizione europea…».
C’è un Paese in cui l’argomento è stato ben trattato? Dacourt fa l’esempio dell’Inghilterra.
«Se c’è un paese che è stato eccezionale sotto questo aspetto è l’Inghilterra. Lì non succede più. Di recente, un tifoso è stato squalificato a vita per aver preso in giro il giocatore del Tottenham, Son. Scoraggiare: questo è il principio. Ci sono pene di tre o quattro anni, anche tutta la vita. Abbiamo bisogno di esempi. In Inghilterra ci sono riusciti ma in Francia e in Italia è la stessa lotta. Non abbiamo nessuna lezione da dare all’Italia sul razzismo. Abbiamo esattamente le stesse persone negli stadi».
Hai giocato più di 150 partite in Italia, sei stato vittima di razzismo? Dacourt risponde:
«Ho giocato alla Roma e all’Inter. Ero il loro giocatore quindi ovviamente era un po’ più facile. La differenza è che quando entravo in campo me ne fregavo di quello che mi dicevano. Avevo subito la stessa discriminazione in Francia da quando ero piccolo, ero abituata a tutto questo. Quando Tchouaméni ha regalato la qualificazione contro l’Inghilterra nei quarti, è stato fantastico. Ha sbagliato il rigore. Devi vedere tutte le scimmie e gli insulti sui social network… Non sono stati gli italiani a insultare. Loro sono francesi. Forse l’italiano non si nasconde dietro uno schermo».